Effetto realtà

Vediamo ora meglio qual'è il meccanismo più fuorviante della televisione: l'obbiettività.

Essendo le immagini televisive frutto dello sguardo freddo e distaccato del mezzo elettronico, si è portati a credere che le informazioni estrapolate da una ripresa o da una audio-registrazione siano inconfutabili. Solo ultimamente con la diffusione commerciale degli effetti speciali dei film americani si è più restii ad una fede cieca nell'immagine. Ci sono poi una serie di cose a cui lo spettatore non presta attenzione:la prima è il fuoricampo, ovvero tutto ciò che non sta dentro l'inquadratura televisiva: inquadrare un gruppo di manifestanti che contesta questo o quella scelta politica lascia pensare che fuori dall'inquadratura ve ne siano altri di manifestanti. Inoltre si è spesso ignorato e sottovalutato il lavoro di regia, di montaggio, di censura che sta dietro ogni programma o servizio televisivo. 

Scrive Bourdieu:

"L'immagine ha questa particolarità, ossia che può produrre ciò che i critici letterari chiamano effetto realtà, essa può far vedere e far credere a ciò che fa vedere".

(P. Bourdieu, 1996, Sur la télévision, p.20)

Se per esempio in un servizio di un Tg si mostrano i seggi vuoti di un'ala del Senato mentre una voce fuori-campo sottolinea l'assenteismo di quella determinata fazione politica, si è portati a pensare istintivamente che quella fazione politica è assai poco seria. Se però riflettiamo bene sorgono spontaneamente alcune domande: quando è stata fatta quella ripresa? Quella era l'unica ala parlamentare con tanti "assenteisti"? Si trattava di assenteismo o era una sorta di protesta per cui i deputati di quella fazione si erano allontanati dall'aula?

Di fatto le domande sono più che legittime ma, ahinoi, a queste la TV non può, o non vuole, dare risposte. Così è possibile che non si mostrino realtà ma semplicemente le si creino: la TV arriva a creare realtà che non esistono, e per fare tutto questo non ha bisogno di particolari effetti speciali, solo un'abile manipolazione del materiale perché una buona parte degli spettatori a casa possa farsi una determinata opinione su un certo argomento.

L'aspetto più preoccupante sono le conseguenze di tipo sociale che si riscontrano ogniqualvolta le informazioni passano dalla TV alle masse: "il fatto di riferire", scrive sempre Boudier,"implica sempre una costruzione sociale della realtà capace di esercitare degli effetti sociali di mobilitazione (o di demobilitazione). Un esempio è quello dello sciopero (in Francia) dei liceali del 1986, in cui si è visto come i giornalisti possono, in perfetta buona fede, ingenuamente, lasciandosi indirizzare dai loro interessi, i loro presupposti, le loro categorie percettive, le loro attese inconsce, produrre degli effetti di realtà e degli effetti nel reale, effetti che non sono voluti da nessuno e che, in certi casi, possono essere catastrofici. I giornalisti avevano in mente il Maggio 1968 e la paura di mancare 'un nuovo 68'. Avendo a che fare con degli adolescenti poco politicizzati che non sanno bene che cosa dire, si attivano dei portavoce (certamente tra i più politicizzati di loro), li si prende sul serio e i portavoce si prendono a loro volta sul serio. Così passando da un argomento all'altro, la televisione che dichiara di essere uno strumento di registrazione, diventa strumento di creazione della realtà. Si va sempre più verso degli universi in cui il mondo sociale è descritto-prescritto dalla televisione" (pp.20-22).

In una serie di ingegnosi esperimenti diretti dagli studiosi di psicologia della politica Shanto Iyengar e Donald Kinder, si dimostrò come il contenuto dei mass media fissasse l'agenda politica e sociale del pubblico: quest'ultimo infatti tende a dare più importanza alle notizie di primo piano dei telegiornali. I risultati di questi esperimenti furono utilizzati non per mettere in guardia gli spettatori dal pericolo di un controllo mediatico, bensì furono utilizzate per mettere a punto nuove forme di persuasione a fini economici e politici.

 

 


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