Francesco Bacone definisce aristotelicamente i segni come etichette da applicare alla realtà delle cose sensibili. Egli distingue anche tra le parole arbitrarie e i segni analogici simili alle icone peirciane. Bacone invece rimane sul versante convenzionalista negando di fatti la possibilità della ricostruzione di una lingua edenica. Inoltre pensa che i segni siano matrice del ragionamento soggettivo, e appunto per questo motivo si può produrre la formulazione degli errori di giudizio, poiché il sistema segnico viene applicato a ragionamento avvenuto, dunque a posteriori.