Tra scienza e fantascienza

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Antonio Caronia ama definirsi studioso di immaginario tecnologico. A lui abbiamo chiesto che rapporto c'è tra la scienza e la fantascienza, in un momento in cui le scoperte scientifiche sembrano andare più veloci della fantasia
Tu hai scritto un libro, che fra l'altro sta per essere ripubblicato a distanza di molti anni, evidentemente aggiornato, che si chiama "il Cyborg". La fantascienza aveva previsto tutto questo? La fantascienza tradizionale, o il cyberpunk?
Se per prevedere si intende prevedere i singoli oggetti, i singoli manufatti o anche certe tendenze tecnologiche direi di no, c'è un calo clamoroso. Tutta la fantascienza degli anni Cinquanta - sessanta fino agli anni Settanta inoltrati, per esempio, continuava a parlare di computer giganteschi sempre più grandi: quindi non aveva previsto la miniaturizzazione. In generale non è questo che si deve chiedere, giustamente, a una forma di narrativa e di immaginario che quando prevede lo fa soltanto perché ha l'occhio più acuto di altri: per esempio Verne, che passa per essere un grande previsore, in realtà era un attento lettore delle tecniche dell'epoca: aveva già sentito parlare di cose che si immergevano e quindi fece il Nautilus. A rigor di termini non è una grande previsione.
La stessa cosa, quindi, vale per Philip Dick, per Gibson, per Sterling…
Sì, da questo punto di vista sì. Ad esempio Sterling parla del computer fazzoletto: spesso nelle conferenze tira fuori il foulard e dice: qui c'è la tastiera, qui c'è lo schermo… Chi lo sa se mai ci potrà essere il computer fatto con un materiale tipo quello. Quello che è più importante secondo me è che Gibson e Sterling hanno obiettivamente previsto le atmosfere, le tematiche: il cyberspazio si chiama anche così perché in fondo è una parola che inventò nel 1984 William Gibson senza sapere nulla di computer.
Sbaglio o nessuno aveva previsto la rete? Internet?
No, Sterling per esempio fece nell'88 un libro che si chiamava "Isole nella rete".