Millenovecentocinquantaquattro: volge al termine il maccartismo, uno
dei periodi più oscuri e deprimenti della storia degli Stati
Uniti del secolo XX. 1954: la guerra di Corea è appena finita,
ma il fronte indocinese è rovente. I partigiani vietnamiti di
Ho Chi Minh e di Giap espugnano Dien Bien Phu, la Francia si ritira
dall'Indocina sostituita dagli USA, la conferenza di Ginevra sancisce
la divisione in due del Vietnam. 1954: si risolve la questione di Trieste:
la città all'Italia, l'Istria alla Jugoslavia. 1954: dopo la
morte di Stalin, Kruscev conquista il potere nel PCUS e tenta cautamente
di ricucire lo strappo con Tito avvenuto nel 1948. 1954: la Germania
federale riarma e si appresta a entrare nella Nato. 1954: la brillante
carriera di attore di Cary Grant è ferma, e lui non sa se aderire
all'invito di Hitchcock di recitare nel suo prossimo film con Grace
Kelly. 1954: in Italia, in attesa della morte di De Gasperi, si scatena
la guerra di successione nella Dc; il dinamico Amintore Fanfani, accreditato
come "sinistra" democristiana, utilizza abilmente un episodio
di cronaca nera, il "caso Montesi", per far fuori il suo più
pericoloso concorrente interno, Attilio Piccioni. 1954: da Napoli Salvatore
Lucania, alias "Lucky" Luciano, arrivato da New York, organizza
le tradizionali attività illegali della malavita organizzata,
tra cui il traffico di droga. 1954: in Italia arriva la televisione.
E permettete che il recensore aggiunga: 1954, sei anni prima dei fatti
del luglio 60 a Genova, otto anni prima degli scontri di Piazza Statuto
a Torino, quattordici anni prima del Sessantotto.
Tutti gli anni, a modo loro, sono cruciali nella storia, ma qualcuno
- anche se non diventa una data strica - può servire meglio di
altri a mostrarne (a posteriori, certo) le tendenze. E ad ambientare
più efficacemente una narrazione come quelle che piacciono a
Wu Ming, il nome collettivo dei cinque scrittori bolognesi che hanno
fatto parlare di sé nel 1999 con Q (scritto da quattro di loro
e firmato Luther Blissett): narrazioni avventurose e ritmate, che parlano
di gente comune, delle loro esperienze, delle loro gioie e dei loro
dolori, dei desideri e delle delusioni, gente comune che fa la storia
senza sapere di farla (come sempre accade), ma la cui storia privata
è incomprensibile e scialba se non la si legge sullo sfondo della
storia collettiva. L'anno 1954 è dunque lo sfondo di questo romanzo
(54, Einaudi, 676 pagine, euro 15, in libreria da oggi), in cui le storie
individuali di alcuni personaggi di fantasia si intrecciano con quelle
di personaggi storici: un romanzo corale (come peraltro già era
Q), alla maniera del 42° parallelo di John Dos passos o di molti
romanzi di Dick. Ma un romanzo in cui la storia "ufficiale"
non la fa da padrona, e viene usata come collante degli eventi privati
che concatenano intrighi politici, servizi segreti, contrabbando, traffico
di droga, corse di cavalli truccate, amori impossibili, serate al Casinò,
scazzottate e sparatorie, e la vita sociale quotidiana di un'umanità
minuta ma descritta con grande affetto, a volte in modo un po' caricaturale
ma in genere con grande vivezza. E che è, a mio parere, il pregio
maggiore del libro.