MARCELLO BARAGHINI

(Intervista raccolta da Vittore Baroni nel Settembre 1992)


In che anno e in che circostanze è nata Stampa Alternativa?

E' nata esattamente agli inizi del 1971, l'idea fu sollecitata da un vecchio amico, deceduto nel frattempo. Come me, egli covava un senso di frustrazione, perché tutto quello che stava uscendo fuori dall'area della sinistra cosiddetta rivoluzionaria dell'epoca si stava trasformando in barbarie politica, stava calando una grande cappa di conformismo di sinistra, dove tutto obbediva a ferree leggi di ideologia, di squadra, di gruppo. Non c'era più alcuno spazio dopo il grande movimento libertario, che ho vissuto in prima persona, del '68. In quell'anno stavo pensando di rimettermi a fare l'autostop in giro per l'Europa. Incontrai questo amico, Livio Cavani, che mi disse: "perché non facciamo un'agenzia di servizi di contro-informazione sul modello americano, e perché non la chiamiamo - ci ho pensato un po' - Stampa Alternativa, dato che è informazione ed è alternativa, noi useremo la rete alternativa...". Ecco, tutto è cominciato con questo piuttosto umile approccio, come tutte le altre cose che ho fatto, non c'è mai stato all'inizio un progetto lucido, ma piuttosto rabbia, o voglia, o gioia, o incazzatura sull'onda di emozioni...

Esisteva quindi già un circuito estero di riviste underground quando siete partiti, in che modo vi siete collegati ad esse?

In realtà il nostro fu un fenomeno tutto italiano, romano e di due persone, io e questo Livio. Lui leggeva molto la roba americana, io un po' di quello che arrivava dall'inghilterra. Già esisteva l'Underground Press Syndicate, avevamo letto qualcosa dalla stampa internazionale, ma partimmo praticamente da zero, non avendo nessun modello di riferimento né ideologico né concreto. Ci siamo poi collegati e abbiamo fatto libri assieme all'UPS e al BIT londinese, da un certo punto in poi è nata un'internazionale radicale underground che ha funzionato meravigliosamente per anni, influenzando molte delle nostre scelte ed iniziative.

Quando sono apparse le prime riviste underground italiane, le varie Fallo!, Get Ready, Puzz?

Noi anticipammo un po' i tempi, ma la stessa mia insofferenza personale covava certamente nel cuore e nella mente di moltissima gente, noi demmo forse la stura a delle esigenze che esistevano, tanto di informazione quanto di collegamento e di servizi. Fatto sta che, a ridosso delle prime nostre sortite, cominciarono subito a muoversi diverse iniziative.

I vostri libretti ebbero all'epoca, se ben ricordo, un'ottimo successo.

Il successo fu travolgente fin dai primi titoli, libretti come Andare in India e Fare Macrobiotica, argomenti fra l'altro che a quei tempi suonavano come una bestemmia. Sull'onda di quei primi opuscoli nacquero poi, l'anno successivo, materiali sulla droga e l'idea dei servizi: auto-organizzazione di concerti, assistenza legale e consulenza medica (su droga, omosessualità, contraccettivi, aborto, obiezione di coscienza). Io avevo già la testata registrata, quindi offrivo anche la possibilità ad altre riviste non registrate di uscire come supplemento a Stampa Alternativa. Era un servizio per così dire "caldo", nel senso che non si trattava solo di prestare la firma come Direttore (come poi è continuato a succedere negli anni '80 e '90), ma c'era uno scambio reale di materiale, di informazioni e di supporto reciproco. Sempre dal secondo anno, dal 1972, facemmo un foglio quindicinale, che nel periodo ruggente stampava 30-40.000 copie, e che conteneva informazioni sui materiali disponibili che noi accentravamo e ridistribuivamo, come sui concerti, gli spettacoli, la disponibilità dei gruppi musicali e così via. Uscì anche il libretto Fare controinformazione, che ebbe un grosso riscontro, e per quanto riguarda la musica ci aiutò molto Il Branko di Casale Monferrato, un gruppo che si attrezzò con un furgone scassato per poter girare i vari concerti autogestiti, con cui stampammo Era ora, un manuale come gli altri citati dal prezzo irrisorio, che per primo affrontava il discorso delle strutture musicali alternative: come si registra una cassetta, cos'é un impianto voci, le autorizzazioni per gli spettacoli, le poche cose che servivano allora - oggi sono molte di più - per autogestire un evento dal vivo.

Un problema che si è spesso posto la stampa underground è quello del libero diritto d'autore. Qual'è la tua posizione nei confronti del concetto di copyright, ieri e oggi?

Mi pongo sempre nello stesso modo, sono cambiate forse le modalità operative con cui mi muovo. Ho sempre sostenuto che chi scrive, scrive per i lettori, non scrive o non dovrebbe scrivere per gli editori, quindi la parola scritta è un bene dei lettori. Partendo da questa considerazione, io sono contro il copyright, ho fatto decine di libri sapendo di violare la legge. Con mia sorpresa è avvenuto una specie di miracolo a livello legale, quando i grandi editori tipo Einaudi o Mondadori mi hanno pizzicato, l'autorità inquirente mi ha dato i "particolari motivi di ordine morale", cioè ha detto "tu hai compiuto un reato cosciente, ma hai dei motivi talmente validi, per cui derubrichiamo il reato e ti diamo una contravvenzione di 50.000 lire". Nella nuova serie di libri Millelire, ad esempio, io lascio il copyright all'autore, non mi interessa detenerlo. La premessa per me fondamentale è che chi scrive lo fa per i lettori, quindi più è possibile far fruire, far partecipare il lettore alla parola scritta, e meglio è. Evviva le fotocopie, quindi, i libri pirata e questo tipo di iniziative, di cui sarò sempre propugnatore e realizzatore.

Esiste ancora, ha senso parlare oggi di una contro-cultura, e se esiste, ha ancora un suo pubblico?

Mah, è un po' una riserva indiana. Io ho molta paura di questi tempi dei giardini zoologici. La cappa di conformismo culturale e sociale che ancora oggi ci sovrasta non si spezza certamente rinchiudendoci nelle riserve indiane dell'underground, dell'alternativa, di Rifondazione Comunista, eccetera. O troviamo dei momenti di crescita, di lotta e di iniziativa che riguardano ormai tutti, altrimenti siamo veramente fottuti in partenza.

Che impressione ti sei fatto, se le conosci, delle fanzines che circolano oggi, anche rispetto a quelle di vent'anni fa?

Io le trovo molto intimiste, molto decadenti, molto più "riserva indiana". Nelle fanzines degli anni '70 c'era più rabbia, anche se non mancavano neppure l'intimismo, la poesia, i deliri culturali. I temi delle nostre campagne e battaglie di allora erano temi continuamente affrontati nelle fanzines. Oggi sono veramente più che altro voci di delirio: va bene tutto, è una resistenza benvenuta anche quella, ma non altrettanto efficace.

Voi solo di recente, con le Millelire, siete tornati ad occuparvi di autori "contro-culturali" come Hofmann e Metzner, come mai negli anni '80 avete un po' abbandonato questo campo in favore di classici dell'illustrazione e della narrativa?

Negli '80 c'è stata una battuta d'arresto, una riconsiderazione, uscivamo dallo sfascio, dall'autoscioglimento di Stampa Alternativa alla fine del 1976, dovuto al mandato di carcerazione nei miei confronti e anche all'esaurimento di una certa fase. Nel '77 un'amnistia spazzò via tutti i vari procedimenti giudiziari per reati di opinione, io poi creai una cooperativa agricola giovanile, feci per un po' il pastore a Sorano in Toscana, poi mi rivenne voglia di fare libri e ricominciai nel 1979, da solo e per divertimento. La chiave era bei libri a prezzo popolare. Fui travolto subito dal successo, quindi dovetti diventare impresa editoriale. Mi piaceva guardarmi intorno, sperimentare nuovi modi con cui la parola scritta poteva essere organizzata. Le Millelire è il progetto che meglio si riaggancia all'attività degli anni '70. Ciò che si propongono questi libretti di formato tascabile, numero ridotto di pagine e prezzo simbolico (mille lire, appunto), per i quali - prima che incontrassero il successo di questi ultimi mesi - ho avuto la derisione e lo scherno di tutti gli operatori ufficiali, è anche di strappare quanta più memoria possibile al passato, in un momento in cui meno si parla di cose forti che son successe, scritti, autori, battaglie, eccetera, più il conformismo ne è contento. Anche se non c'è più la tensione di un tempo e personaggi della contro-cultura come Leary o Ginsberg forse sono cambiati (ognuno va avanti per le sue strade), posso comunque anticipare che usciranno altre cose, come un testo di Kerouac inedito in Italia e una serie di titoli sulle realtà virtuali. Stiamo tenendo un occhio sia sulla vecchia controcultura che sta producendo cose nuove, che sulle nuove tendenze. Credo che ci saranno parecchie sorprese nel 1993.

Mi pare che i libri di Stampa Alternativa abbiano sempre avuto una circolazione un po' particolare, non li si trova in tutte le librerie, come mai?

Non è certo una scelta nostra, ormai c'è questa mannaia della distribuzione che penalizza tutti e penalizza anche noi. Infatti, se non avessimo avuto la trovata geniale delle Millelire avremmo chiuso, come credo chiuderanno quasi tutti gli editori indipendenti. La situazione è questa, o si trovano dei modi completamente nuovi per comunicare la parola scritta, per gestirla, per distribuirla, per proporla, per diffonderla, o si resta strangolati dalla distribuzione, dallo Stato, dalle banche, dalle librerie. Il che significa a mio avviso da un lato dover abbattere la barriera di accesso, che comunque è sempre anche il prezzo, e dall'altro recuperare nuova parola radicale, nuovi contenuti, memoria provocatoria. Ad esempio, Raoul Vaneigem adesso vuole darmi un suo inedito...

In che modo il progetto Millelire è qualcosa di più di una semplice collana letteraria?

Come ho già detto, c'è un aggancio ideale col passato, secondo me non siamo mai stati così "alternativi" come ora, pur non operando nel ghetto come molte esperienze contro-culturali residue. Allora, anche noi vivevamo per scelta in un ghetto, che era però in realtà una vasta area, oggi forse per la prima volta ci dispieghiamo, con questo progetto Millelire non siamo più nell'area, siamo nel Paese.

Possiamo definire l'esperienza delle Millelire una sorta di nuovo "circuito" culturale?

Ormai arrivano qualcosa come duecentocinquanta lettere al giorno, in risposta all'appello che è pubblicato su ogni Millelire. E' qualcosa di travolgente, me lo sogno veramente la notte. Proverò a spiegarmi in questo modo: in realtà è un non-partito che si sta costituendo. Cioè, di fronte a una società civile organizzata che ormai è retorica e vecchia come il cucco, che viene spesa per vendere rottami e becera evasione, c'è invece sempre più gente che, stando al di fuori con un piede dentro, vuole il rinnovamento dei contenuti, dei metodi, ma non un rinnovamento ideologico. Sento che stiamo mettendo in piedi il non-partito, con la sua non-ideologia, non-linea politica, non-comitato centrale, non-deputato, non-senatore, che è però il partito di coloro che ancora hanno barlumi di cervello, di volontà, di resistenza umana. Quello che sento, come fu per Stampa Alternativa agli inizi - certi meccanismi si ripetono perché sono poi quelli fondamentali - è che ci sono esigenze impellenti e vitali per la sopravvivenza dell'intelligenza, la domanda è potente in questo senso...

Ma se la risposta alle Millelire è così imponente, fino a quando Stampa Alternativa sarà in grado di gestirla?

In questo momento c'è questa situazione che ci porta a dire "per fortuna" da una parte e al tempo steso "oddio!", perché non è cosa da nulla ricevere duemilaottocento manoscritti, al di là di un discorso qualitativo, o duecentocinquanta lettere al giorno che non sono quasi mai normali schedine di ordine, contengono messaggi del tipo "ho quarant'anni, mi sono rotto le palle" oppure "ne ho diciassette, non sò che cazzo fare, cosa posso fare con voi" o semplicemente "sono contento che esistiate, continuate così". Certo che tutto deve partire secondo me da questa non-organizzazione, non-linea, non-ideologia, non-partito. Ogni Millelire è come una scheggia impazzita, vorrei che ogni libro fosse agli antipodi del precedente (classici, esordienti, fumetto, poesia, documenti, eccetera). Voglio fare libri anarchici, stimoli, "massaggi cardiaci per le intelligenze" ha scritto il Corriere, dopodiché che ognuno, ancora una volta usando il formato Millelire, il servizio supplemento a Stampa Alternativa, gli archivi che abbiamo, faccia quello che riesce a fare.

Qual'è dunque la mossa successiva, cosa verrà dopo le Millelire?

Io mi sono inventato una prima risposta, e sono i cantieri culturali, dove vado con la gente per parlare di parola scritta, libri, memoria. A Bari, abbiamo un pullman a due piani che ci è stato regalato dall'azienda di autotrasporti - pensa che cosa si è mosso - l'anno prossimo speriamo sarà pronto a partire per tutta l'estate come cantiere itinerante. Le Millelire sono spesso solamente un pretesto, per cominciare finalmente a leggere, e per fare molto di più. In autunno esce Il Lettore armato, ovvero un manifesto dei diritti del lettore, il lettore che lotta per un'ecologia della lettura, contro l'inquinamento dell'intelligenza. Il mio sogno è che fra un anno Il Lettore Armato e le bibliografie ragionate del Cantiere Bibliografico (di cui stiamo diffondendo ora il bando) suscitino una tale presa di coscienza che io non avrò più motivo di esistere. E' il non-partito auto-organizzato. Io stesso come editore riterrei il mio maggior indice di successo l'auto-scioglimento dei libri Millelire di Stampa Alternativa a favore di mille circoli di lettura, i quali se vorranno si faranno da soli le loro Millelire.

Diventeresti insomma una sorta di editore concettuale, di "agitatore editoriale".

Esatto, lo spirito è questo: che forse è ancora possibile fare con il libro guerriglia culturale, così come è possibile farlo con le riviste/fanzines, se si ha il taglio giusto, se si evita il ghetto.