Come abbiamo visto l’ultimo arrivato
nella famiglia del copyright è il software, la discussione su di esso è stata
lunga e, nonostante l’approvazione di alcune leggi, non si è ancora conclusa,
questo perché le novità che lo caratterizzano
ne rendono difficile la definizione giuridica tuttora oscillante tra diritto
d’autore e brevetto
In Europa,
nonostante le perplessità e critiche giunte da più parti rispetto all’accostamento
azzardato tra gli algoritmi matematici di un programma e la poesia, la pittura o la musica,
tutelate dal diritto d’autore, il software è stato inserito nella normativa
del copyright con una direttiva CEE del (14 maggio) 1991. Infatti questo è
l’elemento dissonante che salta subito agli occhi: come è possibile che un
opera d’arte venga tutelata, ammesso che ciò sia lecito, al pari del software? A
chiunque è evidente che esso è l’ultima tappa del progresso scientifico, dopo
la tecnica la tecnologia, dopo l’analogico il digitale, stiamo comunque parlando
di macchine, per quanto esse possano essere evolute. Seguendo la semplice
logica quindi il software rientrerebbe nella normativa dei brevetti industriali;
il fatto che questa legge (D.R. del 29/6/39 n.1127) escluda espressamente
i programmi per elaboratori, le teorie e le scoperte scientifiche e i metodi
matematici, non rappresenta una forzatura maggiore di quella operata per far
passare il software come un opera d’arte.
Confrontando
però la legge sui brevetti con quella sul diritto d’autore è facile capire
perché gli imprenditori di questo settore abbiano ritenuto la seconda più
adatta per il software. Il brevetto è uno strumento nato per garantire il
progresso collettivo della società, l’inventore rende pubbliche immediatamente
le sue scoperte e in cambio ottiene dallo Stato una privativa temporanea di
20 anni durante i quali può commercializzare il prodotto delle sue ricerche.
Il diritto d’autore invece non prevede alcun tipo di patto tra pubblico e
privato, in modo tale che quest'ultimo non è costretto a divulgare
i suoi “segreti” e i suoi “diritti” sono tutelati fino a 70 anni dopo la sua
morte.
In realtà
è diffuso anche il ricorso ai brevetti, magari aggiungendovi qualche componente
hardware, e non è che la cosa in questi
termini sia molto migliore; per averne la conferma basta guardare il sistema
americano dove, nonostante il software sia protetto dal diritto d’autore sin
dai primi anni ottanta e la Corte Suprema abbia sancito la non brevettabilità
degli algoritmi, nel ’92 i brevetti relativi al software ammontavano a più
di 9.000, e in quello stesso anno ne sono stati concessi 1.300. Gregory Aharonian,
dalla cui ricerca sono tratti questi dati, ci fa notare a questo proposito
un'altra cosa interessante: alla fine degli anni Sessanta il vicepresidente
della IBM fu incaricato di coordinare una commissione sul sistema dei brevetti,
la quale concluse il suo lavoro sconsigliando di applicare quel sistema al
software, come dopo aver fatto credere che ciò non fosse vantaggioso l’IBM
abbia potuto facilmente acquisire il 12% dei brevetti, percentuale che stacca
di molto qualunque altra compagnia.
Proprio negli Stati Uniti, dove da
più tempo è stato affrontato questo problema, il fronte degli oppositori è
più ampio, grazie anche all’intervento di molti operatori del settore; le
voci contro l’applicazione delle leggi sulla proprietà intellettuale al software
assumono sfaccettature diverse tra loro a seconda del punto di vista e dei
diversi livelli di analisi, ma tutte sono d’accordo su un punto: l’applicazione
di questa legge è dannosa poiché impedisce la circolazione delle conoscenze
che è la base necessaria del progresso e quindi del bene comune.
John P. Barlow, uno dei fondatori
dell’Electronic Frontier Foundation,
per esempio motiva la sua posizione contro il copyright non solo per le sue
ricadute negative in campo sociale ma anche per un calcolo economico: nella
sua esperienza di scrittore di canzoni per i Grateful Death il fatto che ci
fossero in giro molte copie pirata delle loro canzoni ha ampliato il loro
mercato portandogli un vantaggio; la stessa cosa avviene per il Lotus che
nel ’94 copriva ancora il 70% delle vendite software proprio perché era il
più copiato del mondo. La League
for Programming Freedom, che è composta da una base di programmatori,
invece non si oppone all’uso del copyright sui singoli programmi, ma è contraria
alla sua estensione alle interfacce o delle sequenze algoritmiche, poiché
ciò per un programmatore comporta le stesse limitazioni che avrebbe uno scrittore
se le lettere dell’alfabeto fossero brevettabili. Inoltre la League denuncia
l’abitudine di brevettare procedimenti ovvi, sia nel caso di idee condivise
da tempo dalla comunità dei programmatori, sia nel caso di “novità” piuttosto
semplici da scoprire, ciò è reso possibile dall’inadeguatezza dell’ufficio
brevetti impreparato a giudicare il grado di innovazione nel software, ma
continuando in questa direzione si ostacola l’innovazione favorendo i monopoli
poiché un programmatore corre sempre il rischio di utilizzare, magari riscoprendole
inconsapevolmente, soluzioni già brevettate, che gli potrebbero costare molto
care in sede legale.
Un'altra posizione ancora
è quella della Free
Software Foundation, fondata da Richard Stallman, noto programmatore
americano, con lo scopo di realizzare il progetto
GNU, cioè un software libero “un sistema operativo
senza copyright che la gente possa usare e migliorare e così facendo stabilire
una comunità mondiale di persone che condivida il software”. GNU è un free
software non nel senso che è gratis ma perché chi ne viene in possesso è libero
di utilizzarlo come meglio crede, può scomporlo e modificarlo poiché i programmi
sono distribuiti insieme ai propri codici sorgenti (cioè il vero linguaggio
in cui sono scritti), sistema grazie al quale è possibile capire realmente
come funziona il computer, ma soprattutto lo si può copiare liberamente. Nonostante
le difficoltà oggettive per realizzarlo, i dubbi e le perplessità che esso
ha sollevato il progetto GNU sta procedendo, ed anzi è riuscito a coinvolgere
molti programmatori che condividono le idee di Stallman e vi lavorano volontariamente
riuscendo a creare un alternativa concreta al sistema del copyright.
Quello che comunque emerge dall’analisi
di questo tema è che si continuino a voler usare delle leggi vecchie e palesemente
inadeguate a cogliere i cambiamenti apportati dalle nuove tecnologie, in particolare
quella digitale, con il solo obiettivo di mantenere l’attuale stato di controllo
sulla produzione e l’espressione della cultura. Sia la legge sul copyright
che quella sui brevetti si riferiscono ad oggetti reali e ben determinati
o perlomeno a procedimenti per produrne, mentre oggi abbiamo a che fare con
beni immateriali per cui il supporto è solo accidentale, così si cerca di
limitare proprio quelle che sono le maggiori potenzialità(*)
di questo mezzo a partire dalla possibilità di essere riprodotto, reinventato
e adattato alle più svariate esigenze con una semplicità mai vista prima.
La tecnologia ci ha permesso di spostare
le informazioni, cioè la conoscenza sotto forma di dati, in quel non-luogo
che è il cosidetto ciberspazio e abbiamo buone probabilità di non vederle
più spostarsi di lì, in quanto esso risponde esattamente alle caratteristiche
delle idee stesse che sono evidentemente astratte e si concretizzano solo
nel momento in qui vengono attuate. La sintonia perfetta tra l’idea in se,
che come abbiamo detto precedentemente è oggi uno dei principali oggetti di commercio, e
la sua espressione rende difficile scindere le due cose, che però devono rimanere
ben distinte soprattutto se il nostro obiettivo è quello di garantirne la
maggiore circolazione possibile.
Il caso del software assume
in questo contesto una rilevanza particolare in quanto è il mezzo attraverso
cui vengono gestite le informazioni a casa, sul lavoro, nelle grandi imprese
e nelle istituzioni pubbliche, attraverso cui si progettano cose, si comunica
o si passa il tempo libero, il computer è ormai entrato direttamente o no
nella vita di tutti i cittadini occidentali ed è per questo che è giusto e
necessario che tutti possano utilizzarlo il più liberamente e con la maggior
consapevolezza possibile. "Subito si puo' e si deve lottare, quindi,
per la depenalizzazione della copia domestica senza fini di lucro, per la
costituzione di biblioteche pubbliche del software e dei beni immateriali,
per la liberta' assoluta di copia a fini didattici, per l'abolizione del copyright
sulle vecchie releases dei programmi e in ogni caso per una riduzione drastica
dei diritti post mortem su tutti i prodotti dell'intelligenza umana, e infine
per la definizione e il riconoscimento delle interfacce standard universali
e la loro restituzione al pubblico dominio".(*)
Link
Dentro
il sistema Microsoft, di Gomma, pubblicato originariamente da "il
manifesto"
La
Microsoft ieri,tratto da No Copyright
I
computerfreak e la situazione americana, di Raf Valvola Scelsi tratto
da Antologia Cyberpunk
Per
una critica della genialità individuale, di Raf "Valvola" Scelsi
tratto da NO COPYRIGHT
USA,
i nuovi braceros sono ingegneri elettronici, di Tony Reseck tratto
da NO COPYRIGHT
Speculazioni
sulla storia della proprietà- cap4. Proprietà del sapere nel
cyberspazio, di Doug Brent tratto da NO COPYRIGHT
Note
La
tecnologia digitale, a poco più di cinquant'anni dalla sua nascita, è diventata
uno dei nodi centrali dell'economia mondiale, la ragione di questo successo
è da ricercarsi principalmente in due sue caratteristiche peculiari: la capacità
di stoccare e trasferire enormi quantità di informazioni in tempi brevissimi
a qualsiasi distanza senza nessuna perdita di qualità e il fatto che in realtà
non stiamo parlano di una tecnica specifica per produrre qualcosa ma di un
fascio di tecniche in continua evoluzione e in grado di adattarsi alle più
svariate attività. Per questi motivi il digitale rappresenta da un lato la
risposta ideale alle due tendenze fisse del capitale: ampliamento dei mercati
e accentramento del potere; ma dall'altro ha anche le potenzialità per divenire
un ottimo strumento collettivo di comunicazione, creazione e progresso, se
utilizzato "dal basso". Sarebbe difficile infatti pensare la globalizzazione
senza le possibilità offerte dalle nuove tecnologie, esse sono lo strumento
migliore per spostare dati e conoscenze da un posto all'altro, ciò ha permesso
alle imprese di estendere, frammentandola, la propria attività su tutto il
pianeta e ha dato la possibilità al mercato finanziario di dispiegare tutte
le sue potenzialità a livello mondiale eliminando gli impedimenti del quando
e del dove (spaziotemporali). Al tempo stesso abbiamo visto a partire dal
1982 (anno in cui il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale sono
stati designati come autorità centrali mondiali a garanzia dei negoziati finanziari
internazionali) un accelerazione dei processi di unificazione degli organismi
di controllo e coordinamento intracapitalistici per giungere, non certo senza
contrasti interni, alla definizione del nuovo Organismo Mondiale per il Commercio
inaugurato nel 1995, struttura che non rappresenta neanche gli interessi degli
stati capitalistici ma dei grandi gruppi economici internazionali.
THE
LEAGUE FOR PROGRAMMING FREEDOM
tratto da Zen and
the Art of Internet
La League for
Programming Freedom (Lega per la Libertà della Programmazione) è un'organizzazione
costituita da una base di professori, studenti, uomini d'affari, programmatori
e utenti votati a riottenere la libertà di scrivere programmi, che essi contestano
essere stata persa da molti anni. La League non si oppone al sistema legale
proposto dal Congresso, cioè il copyright sui singoli programmi. Il loro fine
è ribaltare i recenti cambiamenti apportati dai giudici in risposta a interessi
particolari, spesso rifiutando esplicitamente i principi di pubblico interessi
della Costituzione. La League si adopera per l'abolizione dei nuovi monopoli
pubblicando articoli, paarlando con funzionari pubblici, boicottando eminenti
colpevoli e in futuro potrebbe intervenire in casi giuridici. Il 24 maggio
1989 la League picchettò il quartier generale della Lotus per la causa intentata
da quest'ultima e di nuovo il 2 agosto 1990. Queste marce hanno stimolato
un vasto interesse da parte dei mass media americani sulla vicenda. La League
gradisce suggerimenti per altre attività nonché aiuto nel portare avanti quelle
in corso.
Per informazioni
sulla League e su come aderirvi, scrivere a:
League for Programming
Freedom 1 Kendall Square #143 P.O. Box 9171 Cambridge, MA 02139
League@prep.ai.mit.edu
THE
FREE SOFTWARE FOUNDATION
tratto da Zen and the Art of Internet
La Free Software Foundation (Fondazione per il Software
libero) è stata fondata da Richard Stallman (il creatore del popolare editor
GNU Emacs). Essa si dedica all'eliminazione delle restrizioni circa la copia,
redistribuzione e modifica del software. La parola "libero" nel nome non si
riferisce al prezzo ma alla libertà. In primo, la libertà di copiare un programma
e ridistribuirlo ad altri, in modo che anch'essi possano usarlo nella medesima
maniera. In secondo luogo, la libertà di camviare un programma , in modo che
si possa controllarlo anziché esserne contollati: per fare questo, il codice
sorgente deve essere disponibile. La Fondazione lavora per fornire tali libertà
sviluppando alternative compatibili a "free" al software proprietario. In
particolare, sta mettendo insieme un sistema software completo e integrato
chiamato "GNU", compatibile verso l'alto con Unix1. Una volta rilasciato,
chiunque potrà copiarlo e distribuirlo ad altri. Inoltre, sarà distribuito
insieme al codice sorgente, in modo da consentire di imparare le tecniche
dei sistemi operativi leggendolo, di adattarlo alla propria macchina e di
scambiare le modifiche con altri.
Per maggiori informazioni circa la Free Software
Fuondation e lo stato del progetto GNU, o per una lista di obiettivi che devono
essere ancora raggiunti, scrivere a gnu@prep.ai.mit.edu.
DENTRO
IL SISTEMA MICROSOFT
di Gomma, pubblicato originariamente
da "il manifesto"
Sembra che la voglia di critica
nei confronti dell'industria informatica crei identità e paghi anche a livello
commerciale. Se così non fosse il signor Andrew Schulman sarebbe considerato
solo un topo da biblioteca del software e non riuscirebbe a vendere, nei soli
USA, 150.000 copie dei suoi testi e a essere tradotto in tutto il mondo. Il
suo ultimo libro Windows 95 - Dentro il sistema, pubblicato in Italia da McGraw
Hill, pp. 532, lit. 75.000 (con incluso un dischetto per penetrare nei "segreti"
di Windows 95), è un atto d'accusa contro l'industria di programmi più potente
del mondo, che trae spunto da una minuziosa critica tecnica al nuovo sistema
operativo (effettuata sulla beta-version, in quanto la definitiva non era
stata ancora stata messa in commercio), per diventare analisi economico-strutturale
dell'intera industria del software. Schulman è una persona dall'intelligenza
moderna che ha colto le tensioni presenti nell'immenso target degli utilizzatori
di programmi e le diverse imposizioni che costoro sono costretti a subire
dalla grande industria. La prima imposizione avviene, all'atto dell'acquisto,
nei confronti degli utilizzatori meno accorti dal punto di vista tecnico:
il software si compra sempre a scatola chiusa, ma purtroppo la sua qualità
raramente corrisponde alle aspettative generate dai media del settore, troppo
influenzati dalle veline pubblicitarie delle società produttrici. La seconda
avviene alle spese dei tecnici e dei ricercatori che si trovano nelle mani
non più una tecnologia ma un prodotto di consumo, assimilabile a qualsiasi
altra merce da supermercato. La terza forzatura viene esercitata contro i
produttori più piccoli, ditte formate da pochissime persone, una volta il
"sale" di softwarelandia, schiacciati dall'imposizione di standard e programmi
"tuttofare" che difficilmente lasceranno loro abbastanza spazio per lavorare
senza continue difficoltà di progettazione creativa e ricerca di nuovi spazi
di mercato. Ciò che viene messo a nudo da questo manuale è l'oscuro processo
che sta dietro a una delle industrie più promettenti del momento (per i grandi
capitali). Perché Wall Street ha premiato Microsoft all'annuncio che "Windows
95" sarebbe uscito con cinque mesi di ritardo? Perché questo prodotto, è stato
annunciato come "il più sensazionale programma mai creato". Perché un software
viene spacciato come "integrato" (dovrebbe nelle promesse sostituire totalmente
DOS) quando invece utilizza ancora ampiamente funzionalità del buon vecchio
DOS e s'"accresce" solamente di utility e programmini che finora abbiamo comprato
separatamente? E cosa produrrà tutto ciò sul mercato? Perché con "Chicago",
il nome in codice del nuovo prodotto, avremo a disposizione "compresi nel
prezzo" strumenti per scrivere, per mandare posta elettronica e fax, compiere
semplici operazioni sui file, insomma tutto ciò che la "maggior parte dei
clienti" aspettava per poter usare semplicemente e al primo colpo il proprio
computer. Peccato che ogni utility che Microsoft aggiunga ai suoi sistemi
operativi (vedi la compressione nel DOS 6) faccia scattare licenziamenti presso
le società che prima producevano quelle stessa utility. Ciò che si configura
è, nelle stesse parole di Bill Gates, l'"uomo dei codici" in tutti i sensi,
la "creazione di una sorta di monopolio naturale", in cui la Microsoft impone
quasi tutte le regole del gioco, anche le più banali, come quelle relative
alla possibilità di utilizzare il logo Windows da apporre sulle scatole di
software prodotto da altre case a segnalazione della compatibilità. Secondo
Schulman la maggior parte dei requisiti richiesti per utilizzare il logo sembra
aver a che fare più con i desideri di Gates che non con quelli del potenziale
utente finale. E riguardo alla tendenza monopolistica sembra che di "naturale"
ci sia ben poco. L'autore critica a questo riguardo l'operato della Federal
Trade Commission che si è occupata per quattro anni di indagare sulle presunte
violazioni della legge antitrust da parte di Microsoft. Ciò che la sentenza
ha imposto è stato il blocco di una pratica che legava le mani ai produttori
di computer i quali, per anni, hanno dovuto pagare una sorta di gabella a
Gates per ogni processore installato sulle macchine con processori Intel x86.
Questo ha costituito il 25% del fatturato Microsoft e una sorta di ipoteca
per i produttori di hardware sulla possibilità di poter scegliere di utilizzare
sistemi operativi diversi e una chiusura delle possibilità per i creatori
di altri sistemi operativi. Ma per Schulman l'intervento della FTC è stato
troppo blando. Infatti una consuetudine di Gates, tuttora esistente e non
rilevata dalla Commissione, è quella di mantenere segrete le "funzioni non
documentate" ovvero parti di codici alla base del funzionamento del sistema
operativo la cui conoscenza permette la progettazione dei programmi che girano
sul sistema stesso: questo comporta che solo Microsoft, o chi vuole Microsoft,
possa scrivere il software che abbia una vera compatibilità. Schulman, che
già rivelò al pubblico il baco del chip del Pentium Intel e di un altro baco
di Windows 3.1, non solo rinforza la buona tradizione, purtroppo inesistente
in Italia, della critica del consumatore nei confronti del produttore, ma
grazie a 400 pagine di disamina analitica del codice di un sistema operativo,
entra anche nel "sistema" economico e strategico alla base dell'industria
informatica. Dice di esser stato, una volta, marxista e di essere ora solo
un liberal... le sue precise analisi dei "processi" ci lasciano qualche piacevole
dubbio in proposito.
-IL
MANIFESTO GNU. Richard
Stallman 1985
-IL PROGETTO
GNU/LINUX: IL "GENERAL INTELLECT" IN RETE.
Dal csoa El Laboratorio di Madrid
IL
MANIFESTO GNU.
Richard
Stallman 1985 (tratto da No copyright)
Cos'è
GNU? GNU non è UNIX? GNU, che significa GNU Non è Unix, è il nome del sistema
software completo e compatibile UNIX che sto scrivendo, in maniera da poterlo
dare liberamente a chiunque voglia usarlo. Molti altri volontari mi stanno
aiutando. Abbiamo grande bisogno di contributi in tempo, denaro, programmi
e attrezzatura. Fino ad ora abbiamo l'editor di testi Emacs , dotato di un
Lisp per scrivere comandi per l'editor, un debugger a livello del sorgente,
un generatore di parser , compatibile con 'yacc', un linker e circa 35 utility.
Una shell (interprete comandi) è pressochè terminata. Un nuovo compilatore
C portabile ha compilato se stesso e potrà essere rilasciato quest'anno. Un
kernel iniziale esiste, ma sono necessarie molte caratteristiche per emulare
UNIX. Quando il compilatore e il kernel saranno terminati, sarà possibile
distribuire un sistema GNU adatto allo sviluppo di programma. Useremo @Text{}
come formattatore di testi , anche se si sta lavorando su nroff . Useremo
anche il sistema X, portatile e distribuibile liberamente. Dopo questo, aggiungeremo
un Common Lisp portatile , un gioco Empire, un foglio elettronico e centinaia
di altre cose, più la documentazione on-line. Speriamo di fornire, alla fine,
tutto ciò che di utile normalmente vi è con un sistema UNIX, e anche di più.
GNU sarà in grado di eseguire programmi UNIX, ma non sarà identico a UNIX.
Realizzeremo tutti i miglioramenti che sono convenienti, basandoci sulla nostra
esperienza con altri sistemi operativi. In particolare, progettiamo di avere
nomi di file più lunghi, numeri di versione per i file, un sistema a prova
di crash, forse il completamento dei nomi di file, un supporto per la visualizzazione
indipendente del terminale e magari alla fine un sistema a finestre dal basso
su Lisp, nel quale i programmi Lisp e i comuni programmi UNIX possano condividere
lo schermo. Sia il C che il Lisp saranno disponibili come linguaggi di programmazione
di sistema. Cercheremo di supportare UUCP , MIT Chaosnet e i protocolli di
comunicazione di Internet. GNU punta inizialmente alle macchine della classe
68000/16000 con memoria virtuale, poiché sono le macchine più facili da far
girare. Lo sforzo addizionale per farlo girare su macchine più piccole sarà
lasciato a chi lo vuole usare su di esse. Per evitare una terribile confusione,
per favore pronunciate la 'G' nella parola 'GNU' quando vi riferite a questo
progetto. Io chi sono? Mi chiamo Richard Stallman, inventore dell'Emacs originale,
l'editor maggiormente imitato, e prima lavoravo nell'Artificial Intelligence
Lab del MIT. Ho lavorato ampiamente su compilatore, editor, debugger, interpreti
di comandi, sull'Incompatible Timesharing System e sul sistema operativo della
Lisp Machine. Sono stato un pioniere nel supporto alla visualizzazione indipendente
dal terminale nell'ITS. Fino a oggi ho implementato un file sistem a prova
di crash e due sistemi a finestre per le Lisp machines, e progettato un terzo
sistema che viene ora implementato; quest'ultimo verrà portato su vari sistemi,
incluso GNU. (Nota storica: il progetto del sistema a finestre non fu completato;
GNU ora progetta di usare il sistema X Window) Perché devo scrivere GNU? Io
penso che la regola d'oro che se a me piace un programma devo poterlo condividerlo
con altra gente che lo apprezza. I venditori di software vogliono dividere
gli utenti e conquistarli, costringendo ogni utente a non condividere il programma
con altri. Io mi rifiuto di rompere in questo modo la solidarietà con altri.
Io, in coscienza, non posso firmare un accordo di non condivisione o un accordo
su una licenza software. Per anni ho lavorato nell'Artificial Intelligence
Lab per contrastare queste tendenze, ma alla fine non ce l'ho fatta: non potevo
rimanere in un'istituzione dove queste cose sono fatte contro la mia volontà.
Per far sì che io possa continuare ad usare i computer senza disonore, ho
deciso di mettere insieme un corpo sufficiente di software "free" in modo
da poter tirare avanti senza software che non fosse libero. Mi sono licenziato
dagli AI Lab per impedire al MIT qualsivoglia cavillo legale che mi potesse
vietare di distribuire GNU. Perché GNU sarà compatibile UNIX. UNIX non è il
mio sistema ideale, ma non è poi così male. Le caratteristiche essenziali
di UNIX sembrano essere buone e penso di poter integrare le manchevolezze
di UNIX di senza snaturarlo. E un sistema compatibile con UNIX sarebbe conveniente
per le molte persone che lo adottano. Come GNU sarà reso disponibile. GNU
non è di "dominio pubblico". A chiunque sarà permesso di modificare e ridistrubuire
GNU, ma a nessun distributore sarà permesso di limitare la sua ulteriore distribuzione.
In altre parole, modifiche proprietarie non saranno permesse. Voglio essere
sicuro che tutte le versioni di GNU rimangano libere. Perché molti altri programmatori
vogliono dare il loro aiuto. Ho trovato molti altri programmatori esaltati
da GNU e che vogliono dare il loro aiuto. Molti programmatori sono scontenti
della commercializzazione del software di sistema. Questo può metterli in
condizione di fare più soldi, ma in generale li fa sentire in conflitto con
altri programmatori invece di sentirsi compagni. Il fondamentale atto di amicizia
tra programmatori è la condivisione dei programmi; i marchingegni di marketing
attualmente in uso proibiscono sostanzialmente ai programmatori di trattare
gli altri come amici. Il compratore di software deve scegliere tra l'amicizia
e l'obbedienza alla legge. Naturalmente, molti decidono che l'amicizia è più
importante. Ma coloro i quali credono nella legge, spesso non si sentono a
loro agio con nessuna delle due scelte. Essi diventano cinici e pensano che
programmare sia solo un modo per fare soldi. Lavorando a GNU e usandolo invece
dei programmi proprietari, possiamo essere amichevoli verso chiunque e rispettosi
della legge. In più, GNU costituisce un esempio da imitare, e che spinge altri
ad unirsi a noi nel condividere programmi. Ciò può darci una sensazione di
armonia che sarebbe impossibile se usassimo software non libero. Per quasi
la metà dei programmatori con cui parlo, questo rappresenta una felicità importante
che il denaro non può sostituire. Sto chiedendo ai costruttori di computer
donazioni di macchinari e denaro. Sto chiedendo ai singoli donazioni di programmi
e lavoro. Una conseguenza che potete aspettarvi nella donazione di macchine
è che GNU girerà su di esse quanto prima. Le macchine dovrebbero essere complete,
sistemi pronti per l'uso, approvati per l'impiego in una zona residenziali
e che non abbiamo bisogno di sistemi sofisticati di raffreddamento o alimentazione.
Ho scoperto che molti programmatori sono impazienti di contribuire con del
lavoro part-time a GNU. Nella maggior parte dei progetti, questo lavoro distribuito
e part-time sarebbe difficile da coordinare; le parti scritte indipendentemente
non funzionerebbero insieme. Un sisitema UNIX completo contiene centinaia
di programmi di utilità, ciascuno dei quali ha una documentazione separata.
La maggior parte delle specifiche di interfaccia sono stabilite dalla compatibilità
di UNIX. Se ogni contributo può essere scritto come una sostituzione compatibile
di un'unica utility UNIX, allora queste utility funzioneranno correttamente
quando saranno messe insieme. Anche concedendo a Murphy di creare qualche
problema inatteso, assemblare questi componenti sarà un compito fattibile.
(Il kernel richiederà una comunicazione più stretta e sarà compito di un gruppo
piccolo e compatto). Se otterrò donazioni di denaro, sarò in grado di assumere
un po' di persone a tempo pieno o parziale. Lo stipendio non sarà elevato
per gli standard dei programmatori, ma sto cercando persone per le quali creare
uno spirito di comunità sia tanto importante quanto il fare soldi. Lo vedo
come un modo per mettere in grado la gente di dedicare le proprie energie
al lavoro GNU, evitando loro il bisogno di sostentarsi in qualche altra maniera.
Perché ne beneficieranno tutti gli utenti di computer. Una volta scritto GNU,
chiunque sarà in grado di poter ottenere un buon sisitema software libero,
proprio come l'aria. Ciò significa molto più che dire semplicemente a tutti
il prezzo di una licenza UNIX. Significa che gran parte della devastante duplicazione
dello sforzo della programmazione di sistema sarà evitato. Questo sforzo potrà
invece essere diretto verso il progresso dello "stato dell'arte". I sorgenti
completi del sistema saranno disponibili a chiunque . Come risultato, un utente
che abbia bisogno di apportare dei cambiamenti nel sistema sarà sempre libero
di farli, o assumere qualsiasi programmatore disponibile o una compagnia per
realizzarli al suo posto. Gli utenti non saranno più alla mercè di un programmatore
o una compagnia, esclusivi depositari nell'eseguire cambiamenti. Le scuole
saranno in grado di fornire un ambiente educativo ben più aperto, incoraggiando
tutti gli studenti a studiare e migliorare il codice di sistema. Il laboratorio
informatico di Harvard era solito adottare la regola che nessun programma
avrebbe potuto essere installato sul sistema se i sorgenti non fossero stati
disponibili a tutti, regola che sostenne effettivamente rifiutando di installare
determinati programmi. Sono stato ispirato in gran parte da questo fatto.
Infine, il sovraccarico di considerare chi possiede il sistema software e
chi ha o meno il diritto di avere a che fare con esso è rimosso. I marchingegni
per fare in modo che la gente paghi per usare un programma, incluse le licenze
sulle copie, hanno sempre indotto un costo tremendo sulla società attraverso
i contorti meccanismi necessari a capire quanto (cioè quali programmi) una
persona debba pagare. Solo uno stato poliziesco può obbligare chiunque a obbedire.
Considerate una stazione spaziale dove l'aria debba essere creata a costi
elevati: facendo pagare ogni persona che respira un tanto al litro di aria
può essere intollerabile anche se tutti possono permettersi di pagare la tassa.
E telecamere ovunque per controllare che non vi togliate la maschera è semplicemente
oltraggioso. E' meglio fissare una tassa direttamente sull'impianto per l'aria
e buttare via le maschere. Copiare qualsiasi parte di un programma è naturale
per un programmatore, come respirare, e altrettanto produttivo. Deve essere
libero. Alcune opinioni riportate sugli obiettivi di GNU "Nessuno lo userà
se è libero, perché ciò significa che non può essere garantita nessuna assistenza."
"Dovete pagare il programma per avere assistenza." Se la gente preferisse
pagare per GNU più il servizio invece di avere GNU liberamente ma senza servizi,
una compagnia che abbia ottenuto GNU e fornisca proprio questi servizi dovrebbe
essere economicamente proficua. Dobbiamo distinguere tra l'assistenza sotto
forma di reale lavoro di programmazione e semplicemente il tenere per mano
le presone. La prima è qualcosa che non può basarsi su una qualche forma di
vendita software. Se il vostro problema non è condiviso da un numero sufficiente
di persone, il venditore vi dirà di sparire. Se i vostri affari necessitano
di affidamento sull'assistenza, l'unico modo è avere tutti i sorgenti e i
tool necessari. Poi, potreste assumere persone disponibili a risolvere il
problema; non siede alla mercè di alcuno. Con UNIX, il prezzo dei sorgenti
mette fuori discussione questa soluzione, per la maggior parte degli affari.
Con GNU ciò sarà semplice. E' ancora possibile che non ci sia nessuna persona
competente disponibile, ma questo problema non può essere addossato al sistema
di distribuzione. GNU non elimina tutti i problemi del mondo, solo alcuni.
Nel frattempo, gli utenti che non conoscono nulla circa il computer, hanno
bisogno di essere tenuti per mano: fare delle cose per loro che essi sarebbero
in grado di fare facilmente da sé, ma non sanno come. Tali servizi potrebbero
essere forniti da compagnie che vendono soltanto questo tipo di servizio e
la riparazione. Se è vero che gli utenti preferiscono spendere denaro e ottenere
prodotti e servizio essi vorrebbero anche comprare il servizio avendo gratis
il prodotto. Le compagnie di servizi sarebbero competitive in termini di qualità
e prezzo; gli utenti non sarebbero legati a nessuna in particolare. Per altro
coloro tra noi che non necessitano del servizio sarebbero in grado di usare
il programma senza pagare per i servizi. "Non potete raggiungere molta gente
senza pubblicità, e dovete far pagare il programma per averla." "Non vedo
l'utilità di pubblicizzare un programma che la gente può avere gratis." Ci
sono varie forme di pubblicità gratis o a buon mercato che possono essere
impiegate per informare un gran numero di utenti di computer circa l'esistenza
di un qualcosa di simile a GNU. Ma può essere vero che uno può raggiungere
un maggior numero di utenti di micricomputer con la pubblicità. Se questo
è vero, un business che pubblicizza il servizio di copiare e spedire GNU a
pagamento dovrebbe avere abbastanza successo da ripagare tali pubbliictà.
In questo modo soltanto gli utenti che beneficiano della pubblicità la pagano.
D'altra parte, se un gran numero riceve GNU dagli amici, e tali compagnie
non hanno successo questo dimostrerà che la pubblicità non era necessaria
per la diffusione di GNU. Perché se questo è ciò che reclama il libero mercato,
non vogliamo che sia il libero mercato a decidere? "La mia compagnia ha bisognno
di un sisitena operativo proprietario per avere un vantaggio competititvo."
GNU rimuoverà i sistemi operativi dal dominio della competizione. Non sarete
più in grado di avere un vantaggio nell'area, ma neanche i vostri concorrenti
saranno in grado d avere un vantggio su di voi. Voi e loro sarete concorrenti
in altre aree, e ambedue avrete benefici in quest'altra. Se il vostro business
è vendere un sistema operativo non gradirete GNU, ma è dura per voi. Se il
vostro business è qualcos'altro, GNU può salvarvi dall'essere spinti nel costoso
business di vendere sistemi operativi. Mi piacerebbe vedere li sviluppo di
GNU sostenuto da donazioni di molti costruttori e utenti, riducendo i costi
di ciascuno. " Un programmatore non dovrebbe poter chiedere una ricompensa
per la sua creatività?" Non c'è nulla di sbagliato nel volere essere pagati
per un lavoro o nel cercare di massimizzare i propri introiti, finchè uno
non usa mezzi distruttivi. Ma i mezzi solitamente usati oggi nel campo del
software sono distruttivi. Spillare denaro agli utenti di un programma limitandone
l'uso è distruttivo poiché la limitazione riduce la quantità e i modi di impiego
del programma. Ciò riduce la quantità di ricchezza che l'umanità riceve dal
programma. Quando c'è una scelta deliberata di limitazione, la dannosa conseguenza
è la distruzione deliberata. La ragione per cui un buon cittadino non usa
questi mezzi distruttivi per arricchirsi è che, se tutti facessero così, tutti
quanti diventeremo più poveri innescando la distruzione reciproca. Questa
è l'etica di Kant, detta altrimenti regola d'oro. Poiché non gradisco le conseguenze
che derivano dalla concentrazione dell'informazione, sono obbligato a considerare
scorretto chi si comporta così. In particolare, il desiderio di essere ricompensato
per la propria creatività non giustifica la privazione di tutto il mondo di
una parte o di tutta questa creatività
IL
PROGETTO GNU/LINUX: IL "GENERAL INTELLECT" IN RETE
Dal csoa El
Laboratorio di Madrid
Le origini Il
progetto GNU (GNU's Not Unix, "GNU non è Unix") nasce all'incirca nel 1983
per mano di Richard M. Stallman e la Free Software Foundation. Intendeva recuperare
lo spirito di cooperazione che c'era nel piccolo circuito della controcultura
hacker a metà degli anni settanta e che era stato letteralmente spazzato via
con l'ingresso delle grandi corporation (IBM, Hewlett Packard...) nel campo
dell'informatica personale. Fin dal 1981 - anno in cui IBM lancia il primo
personal computer con la consulenza, per quanto riguarda il design e la funzionalità,
dell'ex hacker Bill Gates - le grandi corporation informatiche hanno disprezzato
l'informatica personale perché non interessante commercialmente, e solo l'impegno
militante di hackers e appassionati di elettronica ha permesso il materializzarsi
di personal computer totalmente artigianali. Durante gli anni settanta, collettivi
di hackers nella californiana Silicon Valley promuovevano un uso politico
dell'informatica personale, una specie di computopia nella quale ogni persona
poteva fruire di un PC connesso via telefonica con le altre, partecipando
in questo modo direttamente alla vita cittadina e alle decisioni che riguardano
la comunità. Nel circuito hacker ( BBS, riviste, collettivi...), la politica
della rappresentanza e la democrazia parlamentare come forma di articolazione
del sociale erano fortemente messe in discussione. Il loro modo di cooperare,
di comunicarsi la conoscenza, di riappropriarsi della tecnologia e di sabotare
le grandi compagnie di telecomunicazione (i phone-phreakers insegnavano a
costruire "scatole azzurre" con le quali connettersi al telefono senza pagare,
talvolta realizzavano dei sabotaggi alla Ma Bell) o informatiche ( intrusione
e sabotaggio delle grandi reti delle corporation), non dava adito a dubbi
rispetto alla loro impostazione circa l'uso delle nuove tecnologie come "arma
del popolo". Per metterla in pratica si basavano sul baratto dei componenti
con cui si costruiscono i microprocessori e le memorie ( il silicio è come
la sabbia e lo trovi ovunque) e sulle possibilità di comunicazione orizzontale
e di interazione che offriva il modello a rete. Senza dubbio queste persone
erano molto sveglie e anticiparono molte cose che oggi ci sembrano normali,
come il PC connesso alla linea del telefono e la stessa rete Internet. Ma
il modo in cui si è giunti a Internet è stato per una via molto diversa da
quella comunista dei primi hackers. Buona parte di loro (Gates, Wozniak, Jobs
e molti altri) si trasformarono in ricchi imprenditori, approfittando del
sapere accumulato come hackers e di tutto il terreno che avevano conquistato
alle corporation, che per anni avevano lasciato terreno libero. Transnazionali
come Apple, Microsoft e anche Intel hanno la loro origine nel ristretto circuito
degli hackers californiani degli anni settanta. Quando IBM alla fine entra
nell'affare nel 1981 - non solo non inventa nulla, come si sa, ma anzi tutto
ciò che fa è attaccarsi al carro all'ultima ora - esplode il colpo di partenza
affinché tutte le altre corporation informatiche che si erano dedicate fino
ad allora a lavorare per il grande capitale (banche, militari e istituzioni
private e/o statali), si lancino di corsa verso l'"informatica personale".
Ma l'impostazione, evidentemente, è molto distante da quella che i primi hackers
davano al concetto di "personal computer": si trasforma in un oggetto di consumo
puro e semplice, costoso e di élite. Per questo, a metà degli anni ottanta,
ci sono stati hackers - alcuni sopravvissuti degli anni settanta come Stallman
e altri giovani insoddisfatti della direzione presa dall'informatica personale
- che si sono ribellati contro questo stato di cose. Nasceva il progetto GNU.
IL PROGETTO GNU Il progetto GNU scaturisce come reazione di fronte alla imposizione
del software di proprietà, che impediva la cooperazione tra gli utenti e stimolava
pratiche esclusivamente mercantiliste. L'obiettivo di GNU è di permettere
agli utenti di usare un computer senza dover rinunciare ai vantaggi che fornisce
la tecnologia digitale e senza dover rinunciare allo spirito collaborativo
e costruttivo che trae beneficio da quei vantaggi. E' evidente che è la licenza,
il copyright, e non il proprio programma né la tecnologia digitale, che impediscono
di fare libero uso dei bit e che sono i fabbricanti di software di proprietà
quelli che - distribuendo i programmi compilati e senza il codice fonte, quando
non protetti contro la copia -, impediscono di "capire" il programma per poterlo
studiare, migliorare, adattare o usare secondo le proprie necessità. Il progetto
GNU promuove la libertà di studiare qualunque programma e di modificarlo in
base alle proprie necessità, inoltre reclama la libertà per tutta la comunità
degli utenti di migliorare il programma e distribuirlo in maniera che ne possano
beneficiare tutti i componenti della comunità. I programmi che rispondono
a questi requisiti si chiamano "free software", programmi liberi, e sono protetti
attraverso il copyleft che prende forma nella GPL (Licenza Pubblica Generale).
A differenza del copyright, che protegge la proprietà dall'uso, il copyleft
protegge l'uso libero dalla proprietà e impedisce che chicchessia si appropri
o limiti la libera circolazione del sapere. Per dare forma concreta a tutta
la filosofia del free software era requisito indispensabile la costruzione
di un sistema operativo libero. Tutti i computer per funzionare hanno bisogno
di un sistema operativo. Se non si dispone di un sistema operativo libero
non si può neanche far partire un computer senza usare software di proprietà.
Di modo che GNU consiste tanto nella costruzione di un sistema operativo libero
completo quanto nel progetto cooperativo e no profit per svilupparlo. GNU
ha scelto Unix come sistema di partenza per diverse ragioni: le sue caratteristiche
di base lo rendono molto interessante (multifunzione, multiutenza); era molto
radicato tra gli utenti da molti anni e già esisteva per Unix un buon numero
di parti che erano free software e che in questo modo potevano essere riutilizzate.
All'inizio degli anni novanta già si disponeva dell'intelaiatura del sistema
GNU, però mancava una parte fondamentale: il nucleo del sistema operativo
(tecnicamente denominato kernel). E' in questo momento - 1991 - che fa la
sua apparizione lo studente finlandese Linus Torvalds che a 21 anni si mette
a svilupparlo all'Università di Helsinki. Linus e altri collaboratori realizzarono
il kernel, che fu registrato sotto licenza GPL come Linux (contrazione di
Linus e Unix). Di modo che il kernel Linux combinato con il resto del sistema
GNU costituì un sistema operativo libero completo che comunemente (benché
un po' impropriamente, visto che il kernel è solo una parte del sistema) si
incominciò a chiamare Linux. Sono passati circa quattro anni dalla sua apparizione
e Linux annovera già innumerevoli utenti ( fra tre e otto milioni di macchine)
e collaboratori disinteressati nel progetto di sviluppo. Linux, in sviluppo
permanente, non è opera di nessuna azienda - casomai di una "azienda collettiva"
- ne di nessuna persona in particolare ( Linus ha scritto solo circa 50.000
linee di codice, del milione e passa che ha attualmente), è frutto della cooperazione
attraverso Internet, di fatto è impensabile senza Internet. Si distribuisce
gratuitamente attraverso la rete con la fonte di codice, che permette a chiunque
abbia conoscenza di programmazione di studiarlo, migliorarlo o adattarlo ai
suoi bisogni, tenendo in conto che questi miglioramenti, quando vale la pena,
possono passare all'insieme del sistema. Come la costruzione delle cattedrali
medioevali, senza architetto, Linux si va strutturando in base al lavoro e
alla cooperazione di un collettivo diffuso di gente in tutto il mondo che
nella maggior parte dei casi neanche si conosce personalmente. Ma che coordina
un lavoro molto complesso e delicato al fine di mantenere l'unità e la coerenza
funzionale del sistema. Nessun sistema ha un simile sostegno ne è così documentato,
nessun sistema cresce e si sviluppa alla velocità in cui lo fa Linux. Basta
affacciarsi un poco attraverso le news di Internet alle comunità di utenti
di Linux per vedere l'entusiasmo e l'energia che diffondono e lo spirito cooperativo
che li assiste. Come sistema operativo, Linux probabilmente è migliore di
qualunque delle versioni di Windows (95 o NT). Però non è il caso di paragonare
cose che non sono paragonabili (uno appoggiato da campagne di marketing multimiliardarie
a livello mondiale, l'altro senza neanche sponda commerciale). Non è questa
la discussione che interessa a un circuito come il nostro che pretende di
fare un uso antagonista della tecnologia. Anche se Linux fosse peggiore, bisognerebbe
scommettere per lui. Linux è un po' di più di un sistema operativo, e tutto
un modo di pensare e di creare che va più in là di un semplice sviluppo tecnologico.
Linux si presenta come la massima interpretazione di una filosofia no profit,
antimercantilista: il software non è nulla di più che un prodotto della conoscenza
umana e come parte di essa deve essere diviso con tutte le altre persone.
Lontano da qualsiasi impostazione commerciale, GNU non incorre nell'errore
di ingenuità, in un mondo ultramercificato (per questo si protegge dai ladroni
commerciali con il copyleft), però nemmeno entra nella guerra anti-Microsoft
ne nel facile marketing di far diventare Linus Torvalds un guru alla Bill
Gates. Semplicemente volge lo sguardo da un'altra parte e costruisce un sistema
molto superiore tecnicamente a Windows, non sperpera le risorse della macchina
e funziona perfettamente in computer dichiarati sprezzantemente obsoleti nel
giro Microsoft. E non si deve commettere l'errore di valorizzare Linux unicamente
perché è gratis, poiché a volte la gratuità è solo una strategia commerciale
in più (un esempio, il navigatore Explorer della Microsoft). E' importante
che il progetto GNU seguiti ad andare avanti perché è una potentissima linea
di fuga dal capitale in un terreno così strategico come quello del personal
computer e perché è una creazione collettiva e autogestita - puro general
intellect o armonizzato con un sapere sociale generale - nel cuore del comando
capitalista, basato sulla proprietà privata e sul controllo sul sapere collettivo.
Come qualsiasi sistema in via di sviluppo, Linux presenta alcune difficoltà
di uso per i principianti, soprattutto perché finora non è stata data priorità
all'interfaccia con l'utente, bensì allo sviluppo delle conoscenze che permetteranno
lo sviluppo stesso del sistema. Risulta un po' arido specialmente a chi è
abituato ad avere la pappa pronta, come è il caso di chi viene dalle ultime
versioni delle finestrelle con le quali si fomenta l'ignoranza assoluta del
mezzo. Però questa difficoltà tecnica non dovrebbe provocare l'accusa a Linux
di essere un sistema elitario per hackers o per specialisti che misteriosamente
si rifugiano in ambiti privati. Certa gente lo ripete senza aver visto le
ultime novità di finestre in Linux, sufficientemente funzionali e infinitamente
più stabili di qualsiasi versione Windows, con tutte le applicazioni di base
(processori di testo, pacchetti integrati come StarOffice, il sonoro e certamente
tutto ciò che si riferisce alla comunicazione via rete). In qualsiasi caso,
lo sforzo valeva la pena, non solo da un punto di vista tecnico ma politico:
è tantissima la gente che nel circuito Linux si muove con idee politiche diverse
e a volte contraddittorie, si, però mettendo in campo vere pratiche antagoniste,
cooperative e anticapitaliste, per la libera circolazione del sapere.
N
O C O P Y R I G H T
(testo ripreso da un sito internet di cui non si hanno
i riferimenti)
"No Copyright"
e' un'istanza per molti versi paradossale. Da un lato infatti costituisce
la parola piu' estrema che si possa pronunciare oggi contro la societa'
dello spettacolo integrato, in quanto revoca in questione la stessa proprieta'
privata sui mezzi di produzione immateriali; ma dall'altro, e quasi a conferma
che cio' che e' estremo non sempre si preclude la seduzione del buon senso,
essa e' anche profondamente radicata nella realta' vissuta di ciascuno,
come pratica quotidiana di milioni e milioni di persone, come consuetudine
sociale alla copia e all'acquisizione libera dei beni immateriali, e infine
addirittura come condizione di esistenza implicita per una porzione rilevante
dello stesso sistema produttivo, che pure per altri rispetti la combatte
(altro verso del paradosso).
Come accade ad esempio per
le droghe, tutti in realta' fanno uso del no copyright: chi in una forma
chi nell'altra. Non tutti pero' sono disposti a rivendicare quest'uso come
legittimo e, cio' che piu' conta, a rivendicarlo per tutti. La maggior parte
lo ammette soltanto a se stesso, come vizio privato particolare rispetto
a una virtu' universale e pubblica che deve essere rispettata. A tal segno
l'ideologia individualista ha condotto l'ipocrisia! A tal segno il singolo
ha smarrito il proprio interesse! Ad un segno che diviene oggi *paradossale*,
nel momento in cui una sempre piu' patente pubblicita' dell'intelletto e
delle emozioni cibernetiche smaschera completamente la rappresentazione
individualista del singolo, mostrando piuttosto di quest'ultimo la dividualita'
e la con-dividualita' costitutive: e' la massificazione stessa dei comportamenti,
dei gusti, delle pratiche e dei consumi illegali, la loro omogeneizzazione
pubblicitaria (opposta al tradizionale elitismo e ricercatismo del vizio),
la banalizzazione produttiva delle loro tonalita' di fondo (su cui poggia
del resto la stessa natura intrinsecamente cooperativa del lavoro immateriale),
a dare gambe corte agli ultimi bagliori di questa ideologia individualista.
In nessun caso del resto
la pratica massiva del no copyright puo' essere paragonata al furto. Neanche
i concetti di esproprio o di riappropriazione la descrivono bene: si tratta
piuttosto, come Blissett ha ripetutamente suggerito, di pratiche di de-propriazione.
Infatti l'oggetto depropriato non viene tolto all'originario possessore,
ma semplicemente moltiplicato per servire a tutti: non c'e', come nel furto,
il fantasma della scarsita', la miseria dell'essere, l'archetipo collettivo
in grado di bollare di infamia chi toglie ad uno la cosa che e' sua. C'e'
invece un'orgia gioiosa di abbondanza, una moltiplicazione dei pani e dei
pesci che da troppi secoli e' stata promessa ed attesa. Questa evidenza
impedisce che nell'esperienza quotidiana la "copia illegale" acquisti profonde
connotazioni negative: ciascuno anzi pensa e sa di compiere un gesto giusto
e assai degno quando distribuisce ai propri amici, gratis o al prezzo del
supporto, copie illegali di musicassette, libri, film, giochi e programmi
che considera interessanti o degni di divulgazione.
La de-propriazione e' la forma
di abolizione della proprieta' privata divenuta possibile al di la' della
dialettica e al di la' della scarsita' economica. Essa corrisponde all'attuale
grado di sviluppo del sistema produttivo, in cui la totale cooperativita'
del lavoro si riflette nella crescente immaterialita' dei prodotti e dei
mezzi di produzione: linguistica, cioe' comune, e' la base della cooperazione;
linguistica, cioe' comune, e' la natura dei prodotti e delle macchine.L'immaterialita'
delle macchine non deve essere offuscata nella sua complessita' da quel
faro emblematico che e' (e resta) il software, prototipo eccellente della
macchina linguistica. Questa immaterialita' presenta molti altri risvolti
e produce anzi nel concetto stesso di "macchina" una decisiva dislocazione,
che ammette, accanto al farsi linguaggio delle macchine (software), anche
un farsi macchina del linguaggio (rete), un farsi macchina quindi delle
relazioni sociali mediate dal linguaggio (macchina organizzativa) e un farsi
macchina percio' della singolarita' stessa (cyborg) che tali relazioni pratica
e agisce. Anche il software del resto, in quanto interfaccia universale
della cooperazione, non e' che il medium tecnico di questa generale "macchinazione"
delle singolarita' tra loro e con pezzi inorganici, che appunto e' quanto
l'umanita' possiede di piu' veramente comune (e di cui in fondo la "cultura
umana" non costituisce che la lunga preistoria).
Anche per questo non e' ancora
avvenuto di sentire alcuno difendere il copyright con argomenti etici. Quei
professori e quei poeti che appongono sui loro libri la reprimenda editoriale
contro la fotocopiatura, in nome della sopravvivenza del sapere scientifico
(o peggio "critico"), si nascondono dietro a un dito, che a sua volta e'
inserito nel buco del culo dell'etica. Essi non difendono altro, infatti,
che il proprio tornaconto economico, anche a costo di venir meno alla precisa
funzione sociale che gli spetta di nutrici e di divulgatori della cultura.
Perche' e' assolutamente chiaro che fotocopiando un libro il sapere si diffonde,
non si contrae; cio' che invece si contrae e' la possibilita' di appropriarsene
e rivenderlo come merce: ma questo avviene proprio in virtu' della qualita'
intrinsecamente "comune" della cultura! Lottassero per il loro Reddito di
Cittadinanza! Chi piu' di uno scienziato ha diritto a un reddito indipendente
dalla sua prestazione lavorativa? Ma sono troppo orgogliosi per farlo, e
pur di restare sacerdoti, per quanto senza dio, sono amche disposti a concedersi
al cattivo gusto.
Se l'etica dunque non pone
alcun problema, ed anzi rende piu' che mai urgente l'abolizione del copyright,
come diritto inalienabile di ciascuno di accedere a quei mezzi che consentono
la modellazione della sua stessa e dell'altrui soggettivita', ben piu' complesso
(ma non meno interessante) diventa il discorso affrontato in termini economici.
Ne' questo puo' stupirci: si tratta infatti di un discorso che a ben vedere
punta proprio all'abolizione dell'economia.
Va anzittto ribadito che la
pratica massiva del no copyright si presenta ad un primo sguardo come condizione
necessaria di esistenza per vasti settori del sistema produttivo. In primo
luogo, i bassi costi di formazione della forza lavoro immateriale (nell'informatica,
ma anche nella musica e nel video) dipendono anzitutto dalla larghissima
circolazione di materiali e di esperienze consentita gia' in eta' prelavorativa
dai circuiti dell'home copying: un giovane al primo impiego dispone gia',
senza alcuna spesa per l'impresa, di tutto il bagaglio conoscitivo necessario
ad orientarsi nell'uso della macchina; un bagaglio che gli deriva dalla
lunga familiarita' con le copie illegali e con le macchine atte alla duplicazione/manipolazione
delle stesse.
In secondo luogo, tutto il
mercato di massa dell'hardware (computer, mangianastri, videoregistratori,
fotocopiatrici, masterizzatori, campionatori, etc.) poggia implicitamente
ma inequivocabilmente sulla possibilita' tecnica della copia illegale: nessuno
spenderebbe una lira in questa roba, se non fosse certo di poterne valorizzare
le prestazioni attraverso la gratuita' di fatto del "software" (programmi,
ma anche cassette e videocassette pirata, etc.).
- In
terzo luogo (e veniamo al cuore della faccenda), e' lo stesso ciclo produttivo
che in misura crescente (nella misura in cui, cioe', si esternalizza in
un reticolo di piccole imprese) poggia sulla pratica del no copyright: decine
di migliaia sono oggi le imprese medie e piccole che adoperano illegalmente
software, immagini, suoni per ridurre i costi di produzione e che di fatto
non sopravviverebbero se dovessero veramente pagare una per una tutte le
licenze d'uso.
-
- Il
paradosso si ripresenta proprio qui, allorche' tali imprese vanno ad imporre
il proprio copyright su quelle stesse merci che hanno appena confezionato,
violando appunto produttivamente il copyright. Si tratta in realta' del
paradosso stesso della valorizzazione, dopo la crisi della legge del valore.
Ed e' qui infatti che il terreno si fa scivoloso, poiche' sotto il termine
di impresa si celano com'e' noto realta' assai diverse tra loro, che ricorrono
al copyright per ragioni diverse: dalla multinazionale fino alla piccola
impresa, per giungere al disoccupato "autoimprenditore" per necessita'.
Capire dettagliatamente in questo magma chi e perche' si giova del copyright
equivale a ridisegnare una mappa degli interessi e dei conflitti sociali
che e' ancora di la' da venire. Ci soffermeremo quindi su un paio di considerazioni,
nella consapevolezza che, proprio per la sua radicalita', un'autentica battaglia
politico-rivendicativa per l'abolizione completa del copyright, in grado
di conferire valore universale ai comportamenti sociali gia' invalsi da
tempo, necessita di passaggi ulteriori su tutto lo spettro dei rapporti
sociali.
-
- La considerazione e' questa,
che esiste a prima vista una differenza di fondo nell'uso che l'impresa
fa del copyright, la quale dipende in larga parte proprio dalla dimensione
dell'impresa. La piccola impresa adopera il copyright, piu' che per difendersi
dal consumo finale di massa, che non e' in grado di controllare e spesso
neanche di raggiungere (il suo target e' principalmente la commitenza pubblica
e privata), soprattutto per tutelarsi dalle altre imprese concorrenti e
specialmente dai colossi del settore che conducono un'opera scientifica
di rapina sui prodotti dell'intelligenza sociale; essa vive nell'incubo
di poter essere messa fuori mercato dal suo stesso prodotto, usato dalla
concorrenza piu' attrezzata. Viceversa, la grande multinazionale ha molto
meno timore della concorrenza, dal momento che non di rado occupa una posizione
oligopolistica che la tiene al riparo da questo rischio: essa si preoccupa
soprattutto di non riuscire a realizzare il valore dei prodotti al livello
del consumo finale, che essendo un consumo di massa favorisce e moltiplica
esponenzialmente il proliferare della copia illegale.
-
- Da un punto di vista etico,
gia' questa grossolana partizione possiede delle implicazioni forti. Il
prodotto di massa, infatti, significa anche, specialmente in informatica,
imposizione di uno standard, di un'interfaccia universale che ciascuno deve
possedere per accedere ai relativi circuiti di comunicazione e di cooperazione.
Quando Microsoft, grazie alla sua posizione di monopolio, impone Dos, Windows,
Word e altri prodotti informatici quali standard assoluti, di cui non e'
possibile fare a meno se si vuole far parte della comunita' umana, ebbene
questi prodotti devono cessare (e di fatto cessano) di appartenere a Microsoft,
per entrare a far parte invece del patrimonio comune dell'umanita'.
-
- Anche da un punto di vista
politico se ne puo' trarre qualche insegnamento. Se e' vero infatti che
non si dara' abolizione completa del copyright senza una soluzione radicale
alla crisi della legge del valore, ossia senza quello sganciamento del reddito
dal tempo di lavoro che e' sintetizzato nella formula "reddito di cittadinanza",
e' anche vero che gia' adesso sono possibili battaglie per un insieme di
misure che, giocando sulla differenziazione sopra accennata tra piccole
e grandi imprese, puntino a salvaguardare il lavoro autonomo e la microimpresa,
andando selettivamente ad attaccare, piuttosto, gli interessi dei grandi
gruppi e delle multinazionali. Subito si puo' e si deve lottare, quindi,
per la depenalizzazione della copia domestica senza fini di lucro, per la
costituzione di biblioteche pubbliche del software e dei beni immateriali,
per la liberta' assoluta di copia a fini didattici, per l'abolizione del
copyright sulle vecchie releases dei programmi e in ogni caso per una riduzione
drastica dei diritti post mortem su tutti i prodotti dell'intelligenza umana,
e infine per la definizione e il riconoscimento delle interfacce standard
universali e la loro restituzione al pubblico dominio.