TEORIE CRITICHE

LINEAMENTI DELLA TEORIA CRITICA

La "teoria critica" si identifica storicamente nel gruppo di studiosi di Francoforte fondato nel 1923 con direttore Max Horkheimer. Nota con il nome di Scuola di Francoforte, riprende l'attività di studio e di ricerca nel tentativo di saldare l'atteggiamento critico nei confronti della scienza e della cultura, con la proposta politica di una riorganizzazione razionale della società, in grado di superare la crisi della ragione. L'identità centrale della teoria critica si configurava da un lato come costruzione analitica dei fenomeni che essa indaga, dall'altro lato, come capacità di riferire tali fenomeni alle forze sociali che li determinano. Denunciando nella separazione e opposizione tra individuo e società il risultato storico della divisione di classe, la teoria critica afferma il proprio orientamento verso la critica dialettica dell'economia politica. Il punto di partenza della teoria critica è dunque l'analisi del sistema dell'economia di scambio. All' Istituto si affrontano le tematiche nuove che colgono le dinamiche societarie del tempo, come ad esempio l'autoritarismo, l'industria culturale, la trasformazione dei conflitti sociali nelle società industrializzate. La teoria critica si propone di realizzare ciò che alla sociologia sfugge sempre o rimanda, cioè una teoria della società che implichi una valutazione critica della propria costruzione scientifica.

L'INDUSTRIA CULTURALE COME SISTEMA

Il termine "industria culturale" viene usato da Horkheimer e Adorno nella "Dialettica dell'Illuminismo" del 1942, in cui è illustrata "la trasformazione del progresso culturale nel suo contrario", sulla base di analisi di fenomeni sociali caratteristici della società americana tra gli anni Trenta e Quaranta. Negli appunti precedenti la stesura si usava il termine "cultura di massa", sostituita poi con "industria culturale per eliminare l'interpretazione di ciò che tratti di una cultura che nasce spontaneamente dalle masse stesse, come una forma contemporanea di arte popolare" (Adorno, 1967). Il mercato di massa impone standardizzazione e organizzazione: i gusti del pubblico e i suoi bisogni impongono stereotipi di bassa qualità. Succede però che in questo circolo di manipolazione e di bisogno che ne deriva, che l'unità del sistema si stringe sempre di più. Sotto le differenze, rimane l'identità di fondo: quella del dominio che l'industria culturale persegue sugli individui: "ciò che di continuamente nuovo essa offre non è che il rappresentarsi in forme sempre diverse di un qualcosa di eguale" (Adorno, 1967). La macchina dell'industria culturale ruota sul posto: determina essa stessa il consumo ed esclude tutto ciò che è nuovo, che si configura come rischio inutile, avendo eletto a primato l'efficacia dei suoi prodotti.

L'INDIVIDUO NELL'EPOCA DELL'INDUSTRIA CULTURALE

Nell'era dell'industria culturale l'individuo non decide più autonomamente: il conflitto tra impulsi e coscienza è risolto con l'adesione acritica ai valori imposti. L'uomo è in balia di una società che lo manipola a piacere: "il consumatore non è sovrano, come l'industria culturale vorrebbe far credere, non è il suo soggetto bensì il suo oggetto"( Adorno,1967). Anche se gli individui credono di sottrarsi, nel loro tempo di non- lavoro, ai rigidi meccanismi produttivi, in realtà la meccanizzazione determina così integralmente la fabbricazione dei prodotti di svago, che ciò che si consuma sono solo copie e produzioni del processo lavorativo stesso. Più distinto e diffuso sembra essere il pubblico dei moderni mass media, più i mass media tendono a ottenere la loro integrazione. "La società è sempre la vincitrice e l'individuo è soltanto un burattino manipolato dalle norme sociali. (Adorno, 1954). L'influenza dell'industria culturale, in tutte le sue manifestazioni, porta ad alterare la stessa individualità del fruitore: egli è come il prigioniero che cede alla tortura e finisce per confessare qualsiasi cosa, anche ciò che non ha commesso.

LA QUALITA' DELLA FRUIZIONE DEI PRODOTTI CULTURALI

I prodotti dell' industria culturale "sono fatti in modo che la loro apprensione adeguata esige bensì prontezza di intuito, doti di osservazione, competenza specifica, ma anche da vietare addirittura l'attività mentale dello spettatore, se questi non vuol perdere i fatti che gli passano rapidamente davanti" (Horkheimer - Adorno, 1947). Costruiti apposta per un consumo distratto, non impegnativo, questi prodotti riflettono, in ognuno di loro, il modello del meccanismo economico che domina il tempo del lavoro e quello del non- lavoro. "Lo spettatore non deve lavorare di testa propria: il prodotto prescrive ogni reazione: non per il suo contesto oggettivo- che si squaglia appena si rivolge alla facoltà pensante- ma attraverso i segnali. Ogni connessione logica, che richieda fiuto intellettuale, viene scrupolosamente evitata" (Horkheimer - Adorno,1947).

GLI EFFETTI DEI MEDIA

"I mass media non sono semplicemente la somma totale delle azioni che descrivono o dei messaggi che si irradiano dalle azioni. I mass media consistono anche in vari significati sovrapposti l'uno all'altro: tutti collaborano al risultato" (Adorno,1954). La struttura multistratificata dei messaggi riflette la strategia di manipolazione dell'industria culturale: quanto essa comunica è stato da essa stessa organizzato allo scopo di incantare gli spettatori simultaneamente a vari livelli psicologici. Il messaggio nascosto, può essere più importante di quello evidente, poiché questo messaggio nascosto sfuggirà ai controlli della coscienza, non sarà evitato dalle resistenze psicologiche nei consumi, ma probabilmente penetrerà il cervello degli spettatori. Questa struttura multistratificata si pone in una prospettiva limitata e fuorviante, e proprio la trascuratezza che finora - osserva Adorno - ha caratterizzato le analisi sull'industria culturale. La manipolazione del pubblico passa dunque nel mezzo televisivo mediante effetti che si realizzano sui livelli latenti dei messaggi. Essi fingono di dire una cosa e invece ne dicono un'altra, fingono di essere frivoli e invece, ponendosi oltre la consapevolezza del pubblico, ne ribadiscono lo stato di asservimento. Lo spettatore, attraverso il materiale che osserva, è continuamente messo, a sua insaputa, nella condizione di assorbire ordini, prescrizioni, proscrizioni.