Ya Basta

L'Associazione Ya Basta! viene fondata nel 1996 nel sostegno al movimento Zapatista.
L'obiettivo fondamentale, è dichiaratamente quello di non limitarsi alla solidarietà, alla cooperazione dal basso, al sostegno militante, ma di apprendere da quell'esperienza quanto utile e necessario per poter rilanciare la lotta contro il neoliberismo in Italia e in Europa, come gli Zapatisti stessi non si sono mai stancati di chiedere. Dalle donne e dagli uomini di Mais, dagli insurgentes e dai campesinos è arrivato un messaggio forte, l'esempio concreto di una azione politica differente che, forse, poteva rompere la gabbia delle contraddizioni che paralizzavano la politica italiana ("istituzionale" e "alternativa") dalla fine dei grandi movimenti di massa degli Anni Settanta. In partenza, erano persone che provenivano da esperienze differenti, dai Centri Sociali ma anche da altre vicende, da esperienze nelle varie sinistre più o meno "radicali" o "istituzionali", o "cani sciolti". L'associazione è strutturata per assemblee cittadine (le più consistenti a Roma, Milano e Padova) che operano autonomamente e si coordinano periodicamente. L'organizzazione è molto "sciolta" (senza regolamenti, cariche, ma affidata alla discussione) con inevitabili pregi e difetti. Un fronte di iniziative che li caratterizza più o meno dall'inizio è quello legato ai grandi temi internazionali della lotta alla globalizzazione neoliberista, alla costruzione della "rete globale di resistenze" di cui parlano gli Zapatisti, a tutte le questioni (ambientali, sociali, politiche) che sono "emerse" con Seattle ma a cui lavoravano da anni in tanti, sparsi per il mondo (un esempio è l'Hunger Gathering del Novembre 1996 a Roma, al Centro Sociale Villaggio Globale, dove già si parlava di quella che poi sarebbe stata Seattle) Nei primi anni si sono limitati a partecipare agli incontri e ai movimenti internazionali (Marce Europee, II incontro intercontinentale in Spagna). L'impegno su questi temi è "decollato" con la partecipazione all'organizzazione della Carovana Intercontinentale dei cinquecento contadini e attivisti Indiani che nel Maggio-Giugno 1999 hanno portato in tutta Europa il loro messaggio di lotta contro i crimini del neoliberismo e delle multinazionali. Intorno a questa iniziativa hanno sviluppato un più stretto rapporto con l'AGP (Azione Globale dei Popoli) ed in particolare un impegno nella lotta ai cibi transgenici: a partire da iniziative locali di discussione e sensibilizzazione si è arrivati a Mobiltebio: la contestazione della fiera delle Biotecnologie di Genova a Maggio del 2000. Quello del Maggio 2000 è stato un momento alto, di rinascita: sull'onda lunga dei grandi fatti di Seattle la protesta ha toccato contemporaneamente gli eventi-simbolo del potere della nostra epoca: la Fiera di Genova (il dominio delle Multinazionali sulla natura e sugli umani), la Conferenza per lo Sviluppo dell'Adriatico appena devastato dalle bombe (l'usurpazione del potere politico e il suo uso contro i popoli), il vertice OCSE su piccola e media impresa (la dittatura dell'Economia globalizzata ). Di fronte al divieto di manifestare, di fronte alla violenza dalle "forze dell'ordine", l'associazione ya basta cambia forma, con l'introduzione di una "nuova tecnologia" basata sul principio della disobbedienza civile. Si tratta di utilizzare imbottiture, scudi di plastica, camere d'aria per rendere inefficace la reazione, e utilizzarli come mezzo di pressione simbolica per imporre niente più che il diritto a stare in piazza e manifestare. Naturalmente la gestione di questa forma di "resistenza" non è facile e si espone a molti rischi: dalle botte che "loro" danno (e sono tante) se qualcosa non funziona, al rischio di coinvolgere chi non intende partecipare all'azione, all'inevitabile presenza di chi ritiene giusto reagire violentemente, dalle critiche di chi considera tutto ciò una "inutile provocazione" alla falsa immagine creata dai mass-media (la "nuova violenza" … "dei centri sociali") che nasconde completamente lo spirito della nostra protesta oltre che il nocciolo delle questioni. Sono tutti problemi reali di cui occorre tenere conto: ma allo stesso modo pensiamo che di fronte alla sempre più totale impermeabilità delle istituzioni "democratiche" alle istanze dei cittadini sia essenziale "recuperare la piazza", anche se con forme e modi di comunicazione che non scavino fossati tra i movimenti e la società civile.