OPERAZIONE SUN DEVIL : Steve Jackson Games
Il primo Marzo 1990 gli uffici di un editore di giochi di ruolo nell’Austin, in Texas, chiamato Steve Jackson Games, furono visitati dagli agenti dei Servizi Segreti degli Stati Uniti. Essi rovistarono negli uffici, scassinarono diversi armadietti serrati (danneggiandoli irreparabilmente) e alla fine portarono via 3 computers, 2 stampanti laser, vari hard disks e molte buste con documenti e floppy disks.

La sera stessa coloro che si collegavano alla BBS Illuminati (che Steve Jackson Games gestiva per tenersi in contatto con i giocatori di tutto il mondo) ricevevano il seguente messaggio:

“Al momento non abbiamo ricevuto chiare spiegazioni di cosa i Servizi Segreti stessero cercando, cosa si aspettassero di trovare, o altro. Siamo del tutto sicuri che la Steve Jackson Games non è l’obiettivo di una qualsiasi indagine in corso; in ogni caso, non abbiamo fatto nulla di illegale e non abbiamo nulla da nascondere. Tuttavia le nostre apparecchiature sono state sequestrate e, a quanto pare, sono considerate prove di ciò in cui stanno investigando, perciò probabilmente non ci verranno restituite presto. Probabilmente tra mesi, anni o mai.”
Steve Jackson cadde nel panico come vide che, scaduta la data di consegna della sua prossima pubblicazione, non gli erano ancora stati restituiti i suoi computers. Fu costretto a licenziare più di metà dei suoi dipendenti. Alla fine i Servizi Segreti Americani restituirono a Steve Jackson tutti i suoi computer e decisero di non incriminare la sua compagnia poiché non furono in grado di trovare alcuna traccia del documento E911 in tutti i computer sequestrati.
Ma cosa aveva fatto Jackson per meritarsi tutto questo?
Pare che l’unica “colpa” di Jackson fosse aver assunto lo scrittore sbagliato…
Infatti il gerente responsabile della Steve Jackson Games era un noto cracker ben conosciuto dai suoi compagni della Legion of Dooms col nome di The Mentor. Al tempo del raid egli e il resto dello staff di Jackson stavano lavorando da oltre un anno su un gioco chiamato GURPS Cyberpunk, un High-Tech Low-Life Role- Playing tuttora giocato e reperibile in commercio.
Nel momento del raid dei Servizi Segreti il gioco risiedeva interamente su un hard disk confiscato. Inolte esso era il loro bersaglio. Essi dissero a Jackson che, visto il passato dell’autore, c’era motivo di pensare che questo fosse un “libro sul crimine informatico”. Era dunque inappropriato per la pubblicazione , con o senza il rispetto del primo emendamento.
In realtà il libro si rivelava una finction spaziale ispirata ai lavori di William Gibson e Bruce Sterling, completamente innocuo.
Il problema per Jackson era che Cyberpunk non era mai stato stampato. Così dopo molte negoziazioni Jackson riuscì a convincere i Servizi Segreti a a fargli recuperare un po’ di dati. Comunque gli concessero solo un’ora e mezzo con uno solo dei suoi tre computer. Inoltre Jackson afferma che “Essi imposero che le tutte le copie venissero fatte da un agente dei Servizi Segreti che dattilografava con solo due dita. Così non recuperammo molto.”

Alla fine Jackson e il suo staff dovettero ricostruire gran parte del gioco a memoria con l’ausilio di alcuni vecchissimi backups e vecchi frammenti che erano stati dati a vari giocatori per farne il testing. Furono indubbiamente aiutati dalla determinazione provocata dalla collera.
Nonostante gli sforzi del governo per impedirne la pubblicazione Cyberpunk fu messo in commercio, probabilmente forte della pubblicità “Il libro che fu sequestrato dai Servizi Segreti americani!”.

Nel frattempo la ditta di Steve Jackson era comunque praticamente rovinata, e quando lui e i suoi impiegati ebbero modo di analizzare i computer restituiti notarono che tutti i messaggi elettronici memorizzati sul computer contenente la bullettin board, dove utenti che non facevano parte dell’azienda si erano registrati e si erano scambiati messaggi, erano stati singolarmente esaminati ed eliminati. Steve Jackson non potè tollerare questa azione che riteneva una vera e propria violazione della libertà di parola, nonché un’invasione della privacy che di diritto spettava ai suoi utenti. Steve Jackson cercò invano un’associazione per le libertà civili che lo aiutasse. Purtroppo nessuno degli esistenti gruppi poteva capire la gravità della situazione, poiché non conoscevano abbastanza la tecnologia moderna.
Egli provò a chiedere aiuto alla stampa. Nella maggior parte dei casi i media non erano disposti a sollevare l’argomento. Jackson pensò che “La stampa conservatrice stava iniziando a pensare che la soppressione dell’hacker cattivo fosse una cosa buona e che per tutti quelli i quali nel frattempo avevano perso i loro affari…bè, si trattava solo di sfortuna”