VIVE WAU HOLLAND!

 

Ho conosciuto Wau Holland nel 1989 ad Amburgo, presso l’incredibile sede del Chaos Computer Club. Mi ci portò Klaus Maeck, regista del film Decoder, per intervistarlo e sapere le sue opinioni sul nascente movimento cyberpunk. Quella videointervista ha fatto il giro del mondo, è stata tradotta in diverse lingue, ha cambiato molte vite. Per prima, la mia.
L’intervista leggetela da voi, e capirete la grandezza e la complessità del personaggio. I cyberpunk “più vecchi”, come me, avranno la riconferma della provenienza di certe idee, pratiche e utopie; i “più giovani” potranno capire come mai il movimento degli hacker riesce a vivere e a diffondersi ogni giorno di più.
Ma a parte le storie di hacking concedetemi di ricordare l’amicizia, Bello come un Budda, con voce calma, facili esempi e totale disponibilità, mi ha spiegò come è possibile applicare il pensiero libertario alla tecnologia, un percorso fino ad allora letto solo sui libri di fantascienza. I suoi studi di ingegneria lo avevano spinto a mettere le mani in maniera competente su tutto ciò che gli capitava a tiro. Nella prima mezz’ora del nostro incontro: 1) mi raccontò di come è possibile trasformare un forno a microonde in un’arma offensiva antielicottero; 2) mi fece vedere dei computer da lui costruiti tutti con materiale riciclato e i cui “case” erano delle cassette di plastica rubate al fruttivendolo; 3) mentre passeggiavamo tirò fuori un cacciavite e in 30 secondi smontò il citofono di una sede locale di un partito di destra invertendo i collegamenti: suonando si apriva automaticamente il portone, permettendo l’ingresso a chiunque. Poi si mise a ridere: “Mi piace stuzzicare i paranoici”.
con un simpaticissimo fratello sempre disponibile. Nel 1991 venne in Italia per partecipare a Trento e Bolzano al quello che fu il nostro primo hackmeeting nazionale. Andai a prenderlo alla Stazione Centrale di Milano. Scese dal treno vestito solo di un sacco delle poste tedesche trasformato in un saio, tipo frate cyber. “Come mai Wau?” gli chiesi. “Le poste in Germania gestiscono le reti informatiche. E’ una specie di provocazione punk.”
All’hackmeeting Wau stupì i presenti con quei racconti che a noi allora sembravano straordinari di lotte hacker alla luce del sole, hackerare e poi fare una conferenza stampa, con gli agenti segreti che perseguitavano il Chaos Computer Club e mettevano in galera i sui membri. Mentre uscivamo dall’università di Trento, sede dell’incontro, fummo fermati dalla polizia. Che caso! Mentre ci controllavano i documenti, cosa che richiese parecchio tempo, notai che Wau era accucciato sul marciapiede accanto alla macchina blu e bianca. Quando la polizia se ne andò, Wau si alzò sghignazzando: il suo cacciavite aveva colpito ancora! Come un trofeo aveva in mano il fanale della macchina sbirresca.
La mattina dopo il suo intervento, ci svegliammo a Bolzano, città un “pochino” di destra, con le urla di una manifestazione di schutzen, una sorta di separatisti-localisti vestiti con pantaloni alla zuava e il resto della mise tipo Hitler da giovane, che reclamano il ritorno alla lingua tedesca e alle tradizioni germaniche. Saranno stati 2000. Wau corse immediatamente in strada e con il suo saio con bandiera tedesca si unì al corteo, marciando con il passo dell’oca e ridendo in faccia alle famigliole zuave. Ho pensato: “Adesso lo ammazzano.” Invece alla prima obiezione sfoderò il suo perfetto tedesco, stupendo gli scemi in braghette corte, e uscendo con assoluta disinvoltura dal corteo. Quella sera partecipammo al concerto autogestito degli Einsturzende Neubauten. Era il mio 30simo compleanno. Sarà difficile dimenticare quei meravigliosi giorni.
L’ultima visita in Italia l’ha fatta all’hackmeeting di Milano due anni fa. Partecipò all’assemblea finale parlando della necessità di creare relazioni forti tra le scene hakcer dei diversi paesi del mondo. Ho il video del suo intervento. Qualche volta ce lo guarderemo insieme, per capire dove dobbiamo andare per essere un po’ più liberi.