La bellezza della diversità

 

da "il manifesto" del 28 Gennaio 2003 La bellezza delle diversità BENEDETTO VECCHI, Tra di noi ci sono molti punti in comune, ma anche divergenze. Nasconderlo sarebbe sbagliato. A differenza del passato, abbiamo però imparato che le diversità sono una ricchezza e che solo garantendo spazi in cui possano esprimersi e influire nel processo decisionale possiamo trovare le convergenze necessarie a trasformare il mondo». Una frase, questa, che sintetizza bene il clima degli incontri - più di 1500 - di questa edizione del Forum sociale mondiale. Nessun unanimisno, quindi, ma un patrimonio di elaborazione, di analisi, di testimonianze che la delegata del comitato organizzatore espone con orgoglio. «Ci vorranno alcuni mesi per scrivere i documenti conclusivi sui cinque temi del Forum sociale. Per il momento possiamo solo sintetizzare i punti affrontati». Ieri mattina, la sala cinque non ha fatto il pienone dei giorni scorsi. In molti si sono dispersi per la città, in attesa dell'incontro del pomeriggio con Noam Chomsky e Arundathi Roy su «Come affrontare l'Impero» o per trovare le energie sufficienti per partecipare alla chilometrica manifestazione contro l'Alca. Ma chi era comunque sotto il tendone vicino alla Porta do Sul non smetteva di sottolineare che il titolo del tema «Sviluppo democratico e sostenibile» può essere interpretato in molte maniere. Si parte dal modello egemone di produzione di ricchezza, il capitalismo, e delle sue manifestazioni - selvaggia urbanizzazione, squilibrio strutturale tra paesi ricchi e poveri, diseguaglianza sociale nelle nazioni sviluppate - e delle alternative che si sono manifestate ad esso - economia e autorganizzazione scoiale -. Come, in futuro, il movimento dei movimenti può operare per una trasformazione radicale? E' la domanda che una giovane donna statunitense rivolge ai relatori.«Le città producono esclusione sociale. Questo lo sappiamo da tempo», afferma una urbanista brasialiana. Ma da un ventennio a questa parte sono accadute molte cose, che hanno stabilito un rapporto diverso tra città e economia globale. Le metropoli del Nord e del Sud del mondo sono diventate i piccoli o grandi porti per accedere all'economia mondiale. Nelle città si concentrano le infrastrutture, le tecnologie, i centri decisionali che hanno come riferimento non tanto le nazioni, ma i poli dominanti dell'economia che spesso non coincidono nemmeno con una nazione, ma con grandi imprese transnazionali. Complementare all'accumulo di persone e di ricchezze, nelle città cresce l'esclusione sociale. E la rivolta contro la globalizzazione neoliberista. Sarà perché la posta in gioco è alta - come dare concretezza allo slogan «Un altro mondo possibile» - sarà per le diversità storiche, culturali, politiche, ma fa un certo effetto vedere le proposte di bilancio partecipativo e di una democrazia rappresentativa non corrotta come soluzioni - radicalità -, tanto quanto la rivolta contro la privatizzazione dell'acqua nella città boliviana di Cochabamba degli anni scorsi. Ma quella rivolta ha avuto come conseguenza l'istituzione di una società municipale per azioni che dovrebbe garantire il «dominio pubblico» dell'acqua attraverso la distribuzione di una quota delle azioni ad organizzazioni della società civile.Ma è a questo punto che le divergenze coiminciano a manifestarsi. «In tutti gli incontri - esordisce una giovane donna di cui non si riesce a capire il nome - abbiamo discusso e molto se l'economia sociale è alternativa e complementare al capitalismo. Tra di noi c'è chi sostiene una tesi o l'altra. Ma visto che non ragioniamo con il criterio delle maggioranze e delle minoranze, possiamo solo affermare che centinaia di milioni di lavoratori e lavoratrici occupati in imprese sociali o cooperative pensano di star praticando una alternativa al neoliberismo e che spesso l'economia sociale è l'unica strada per avere un lavoro. Infine, siamo tutti convinti che non ci può essere vera trasformazione se non cambia il modo in cui si produce la ricchezza».Già la produzione di ricchezza! Ma come riuscirci se interi continenti sono stretti nella morsa del debito? «Non pagandolo - sostiene la rappresentante della campagna africana contro il pagamento del debito -. Poi ci sono diversi modi per fare ciò. Certo si possono manifestasrsi strategie diverse, da chi pensa che si può raggiungere questo obiettivo costingendo i governi nazionali a farlo: oppure, come propongono alcuni gruppi latinoamericani, costituendo una sorta di cartello tra paesi debitori. Possiamo poi essere graduali, ricontrattando il debito con il Fmi o decidere seccamente che la strada da percorrere è prendere quei soldi e investirli in servizi sociali».Nella grande ciranda di Porto Alegre il rapporto con la politica è un nervo scoperto, specialmente se riguarda Lula e le aspettative rispetto alla sua presidenza, non solo per quanto riguarda il Brasile, ma tutta l'America Latina.Gli attivisti giunti a Porto Alegre non hanno dunque paura a mettere in piazza le loro diversità. E al tempo stesso sono gelosi della propria autonomia dei movimenti sociali. Così, ribadiscono il valore della diversita e dell'assenza di un centro in questo «movimento dei movimenti», come recita il secondo tema del forum sociale, che si è caraterizzato dalla comunicazione della esperienze in giro per il mondo per l'affermazione dei diritti delle minoranze o per puntare all'affermazione di «diritti universali e, al tempo stesso differenziati». Espressione poco chiara, ma che introduce bene il terzo tema, almeno a quanto sostengono i relatori del tema sui «media, cultura e contro-egemonia». Per quanto riguarda i media, peculiarità del movimento è la comunicazione e l'informazione autonoma dai global media. Per fare questo, vanno valorizzate le radio comunitarie, le tv di strada, le lotta al copyright, oppure i progetti di «multimedia alternativi». Ma la giorrnata di ieri era anche il giorno del documento del forum mondiale dei movimenti sociali, che fissa gli appuntamni internazionali di «lotta» per i prossimi mesi. In primo luogo la guerra, con la conseguente riaffarmazione di una mobilitazione mondiale il 15 febbraio. Poi c'è la riunione estiva del G8 nella città francese di Evian con conseguente controvertice. Ma l'appuntamento più spinoso rimane il prossimo vertice del Wto a Cancun il prossimo 13 settembre. Per il forum dei movimenti sociali quel vertice non si deve fare. Come riuscire in questo obiettivo, il movimento dei movimento lo discuterà nei prossimi mesi.