Il nodo dell’organizzazione

 

 

da "il manifesto" del 24 Gennaio 2003 AL PUC Il nodo dell'organizzazione Tra gli appuntamenti dietro le quinte, quello degli italiani. Si dibatte sulle forme future del movimento No all'attacco Prima scadenza quella del 15 febbraio per fermare l'invasione in Iraq. Ci stanno anche gli statunitensi e promettono il bis BENEDETTO VECCHI, Un motore lento a riscaldarsi, di quelli che prima di prendere il via ci mette un po' di tempo, ma che quando parte non lo riesci a fermare più. Il forum sociale mondiale è così. E così ieri mattina in attesa dell'apertura ufficiale, uno dei tanti appuntamenti dietro le quinte dell'allestimento degli edifici dell'Università cattolica (Puc) che ospiteranno parte dei seminari e dei workshop è stato quello degli italiani. A convocarlo ci hanno pensato gli «osservatori» invitati dal consiglio internazionale del forum sociale mondiale per assistere ai suoi lavori. Ma la riunione della «delegazione italiana» serviva per raccontare cosa è accaduto nei giorni scorsi e soprattutto per spiegare la discussione all'interno del consiglio mondiale che ha portato alla decisione finale di spostare il forum sociale mondiale in India. Quest'anno però il clima tra gli italiani presenti nella città brasiliana è ben diverso dalla passata edizione, quando la consueta conferenza stampa quotidiana doveva fare il punto sulla presenza nazionale al forum sociale. Ieri, invece, non c'era nessun obiettivo da definire. Accettato il fatto che chi è venuto a Porta Alegre si sceglie i seminari da seguire in base all'affinità culturale, politica, organizzativa, la «pratica» da sbrigare era di fare il punto sul mandato che gli «osservatori» avevano avuto dal coordinamento dei forum sociali tenuto a Firenze a metà gennaio. In primo luogo, presentare al consiglio internazionale la proposta di una mobilitazione mondiale contro la guerra da tenersi il 15 febbraio, proposta che ha incontrato l'unanimità dei consensi all'interno del consiglio internazionale e la disponibilità di alcuni attivisti statunitensi di organizzare nuove manifestazioni negli Usa dopo quelle della scorsa settimana. Ma da discutere c'erano gli altri due nodi che hanno dominato la discussione: l'allargamento stesso del consiglio e lo spostamento del forum sociale mondiale in un posto diverso da Porto Alegre.Così quella che sembrava dover essere un resoconto si è trasformata in una lunga assemblea dove si è discusso di democrazia, di rappresentanza, di rapporto tra Nord e Sud del mondo, del gigantismo del forum sociale mondiale, dei finanziamenti che lo hanno permesso, della presenza di Lula al vertice di Davos e della proposta di costituire un network mondiale dei movimenti sociali.La carne messa sul fuoco dalle brevi relazioni introduttive fatte da Vittorio Agnoletto, Piero Bernocchi, Raffaella Bolini, Luciano Muhlbauer e Gianni Fabris era forse troppa, ma le duecento persone che in circolo si erano riunite all'aperto erano pronte a digerirla.In primo luogo, il clima diverso, lontano dall'euforia dello scorso anno è dovuto alla percezione diffusa che un capitolo della storia di questo movimento è chiuso. Finita l'era dei grandi eventi a causa di una crisi economica che sta falcidiando economie nazionali, del ritorno della guerra come strumento dei «potenti della terra» per rimettere ordine nel mondo, ripresa di protagonismo degli organismi sovranazionali come il Wto, il Fmi e la Banca mondiale, le vere bestie nere del movimento dei movimenti negli scorsi anni che dovrebbe essere sancito nel prossimo incontro dell'Organizzazione del commercio mondiale a Cancun. E se è opionione condivisa della crescita di consenso attorno alle tematiche del movimento, non c'è giudizio unanime sul come andare avanti.In primo luogo c'è il nodo spinoso dell'organizzazione. Come garantire il massimo di democrazia con l'efficacia dell'azione politica è la domanda che è ritornata in tutti gli interventi, anche se spesso i linguaggi riflettono la diversità politica e culturale di chi interveniva (va segnalata la forte presenza dei «cattolici di base», delle associazioni eco-solidali e dei militanti della sinistra storica, di gran lunga superiore rispetto alle scorse edizione, parallela a una minore visibilità delle anime cosiddette «radicali»). Un problema che vuole essere risolto garantendo rappresentanza geografica, tematica, nazionale, allargando così il consiglio internazionali ai delegati dei forum continentali, dei netowork «tematici», quali possono essere contro la guerra, sul lavoro, migranti o campagne per la cancellazione del debito o contro la privatizzazione dei «beni comuni». E tuttavia, ciò che garantisce dal rischio di una burocratizzazione è la costituzione di spazi pubblici di elaborazione e di iniziativa per i movimenti sociali, che non sono alternativi al forum sociale mondiale, ma che devono mantenere una autonomia dal forum mondiale. E se qualche maligno indica in questa difesa dell'autonomia dei movimenti sociali una latente critica al gigantismo di Porto Alegre direbbe sicuramente una piccola verità.