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Hacker senza frontiere

 

A Bologna si è chiuso il quinto Hackmeeting italiano. Grande affluenza e partecipazione propositiva in nome della libertà di comunicazione

 

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Cinquemila coperti serviti, una intera classe di Ip assegnata ai 255 computers presenti nel LAN space, nove hacklabs presenti, trentuno incontri con una media di cento presenze a seminario, tanta musica elettronica (Otolab.net, Misfu, RedPlanet), 24 ore al giorno di streaming audio da RadioCybernet, video e installazioni elettroniche (bellissima quella di Aldo Fagà), trecento partecipanti all'assemblea conclusiva. Questi i numeri alla chiusura del quinto hackmeeting italiano. L'ultima giornata all'insegna della libertà di comunicazione era cominciata con la presentazione del campo Noborders www.noborder.org ed è finita con l'indicazione di un hackmeeting transnazionale a Pola, in Istria, per il prossimo anno, tranne cambiamenti di programma dell'ultima ora.

Questa sorta di sensibilità europea era già evidente al mattino quando i giovani di BugsLab e Out of control crew avevano presentato l'iniziativa "Noborders", un campeggio d'azione internazionale che si terrà a Strasburgo a fine luglio per rivendicare libertà di movimento, residenza e comunicazione per tutti. Una iniziativa non per caso presentata all'hackmeeting, perché la manifestazione prevede, fra le varie modalità di «communication guerrilla», anche la protesta elettronica contro il circuito informativo di Schengen, il SIS, un cerbero tecnologico che ha la funzione di raccogliere i records di tutti i soggetti "potenzialmente pericolosi" presenti nell'area comunitaria, e che oggi per effetto della campagna di criminalizzazione dei migranti riguarda in pratica tutti quelli che passano una frontiera.

Un discorso lungo e complesso quello dei noborders, ma con un obiettivo facile da capire: la necessità dell'abbattimento delle frontiere burocratiche che limitano i flussi migratori e lo smantellamento dell'apparato di controllo che impedisce l'incrociarsi di sensibilità e culture differenti nell'Europa del terzo millennio. E allora siccome oggi in Europa alla mobilità delle merci e dei capitali non corrisponde uguale libertà di movimento per le persone, siano esse europei o extracomunitari, l'idea degli organizzatori è di sollecitare l'attenzione di tutti agli effetti sociali dei nuovi strumenti del controllo - telecamere e database informatici - per protestare con azioni nelle strade e nel cyberspace contro una società della sorveglianza disciplinata dall'ossessione securitaria che teme gli scippi ma non si preoccupa della rapina del patrimonio culturale e ambientale della collettività.

Al tema del controllo sociale e delle frontiere, si è legato nel seminario successivo il discorso della sorveglianza dei luoghi di lavoro (tema ricorrente nel meeting), che ha impegnato tutti nella discussione di come l'etica hacker possa essere incorporata nei mezzi e nei processi produttivi per una cultura, quella hacker, segnata dalla diffidenza verso forme organizzative tradizionali, come anche verso i sindacati che non paiono in grado di garantire la difesa dei diritti di questi lavoratori che poco conosce e che forse per stime errate ritiene ancora troppo poco numerosi per poterli rappresentare.

Da qui la volontà degli "operai" informatici di realizzare un'inchiesta telematica per incontrarsi e conoscersi (è il metodo dell'inchiesta operaia), insieme alla proposta di organizzare iniziative di "mutuo aiuto" (pubblicazioni e seminari) per diffondere la conoscenza dei diritti dei lavoratori e degli utenti dei servizi informatici, argomento quest'ultimo affrontato nel seminario di Boicotta.org (www.boicotta.org )

L'obiettivo è quello di anteporre l'etica hacker - del rispetto, della reciprocità, della solidarietà - ai discorsi di chi fa della professionalità un dogma di neutralità e accetta di mettersi al servizio del profitto e delle ingiustizie.

Mentre nei corridoi si costruivano trasmettitori radio, si smontavano telefoni e avvitavano computers dentro valige da viaggio, si sono susseguiti altri appuntamenti di carattere tecnico, e il seminario promosso dal sexyshock incentrato sull'indagine dei confini fra le identità di genere e le potenzialità comunicative dell'anonimato in rete. Un'occasione di confronto per indagare i modi in cui le differenze di genere influenzano le differenze numeriche fra uomini e donne nel mercato dell'ICT e nell'uso di computers e internet, sfociata poi nella proposta di corsi Linux per sole donne da tenersi durante l'anno nello stesso posto che ha ospitato il meeting - il centro sociale Tpo di Bologna (http://www.ecn.org/sexyshock).

Insomma, fuor di retorica il dibattito conclusivo ha dimostrato che la comunità degli hacker italiani, è capace di aprirsi a interessi diversi in maniera direttamente proporzionale all'accresciuta consapevolezza di una pratica che mentre costruisce strumenti di liberazione accresce la voglia di condividerli e usarli per un un altro mondo possibile.

 


 
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