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E il Forum va in tilt

 

La contestazione telematica ha reso irraggiungibili i siti del World economic forum a New York, gli oppositori al capitalismo globale segnano così la prima vittoria. Cortei e altre forme di protesta nei giorni della manifestazione

 

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Al grido di "No al neoliberismo, no al Wef", la prima azione di disobbedienza civile elettronica contro il World economic forum di New York è riuscita nell'ingorgo telematico dei siti del Wef (www.worldeconomicforum.com, www.weforum.org) che sono stati irraggiungibili per tutta la giornata di ieri a causa del netstrike indetto dall'Electronic disturbance theater e dalla Federation of random action (aggiornamenti sulle giornate newyorchesi dal manifesto su www.mir.it). I preparativi della contestazione telematica erano cominciati con la diffusione in rete degli appuntamenti e dei comunicati delle manifestazioni cittadine e la distribuzione elettronica dei volantini da stampare a casa e portare in strada, così gli oppositori newyorchesi al capitalismo globale annunciano la prima vittoria. E sul sito www.anotherworldispossible.com presentano un programma semplice per la "Davos americana". "Buttare a mare il debito dei paesi poveri, ricostruire New York, ricostruire il mondo; smettere di distruggere la terra, di finanziare il terrorismo e alimentare la macchina della guerra. Nessun apartheid per i migranti e giù le mani dai nostri diritti civili". Ma come portare questa agenda ai potenti riuniti nel Waldorf-Astoria Hotel di Manhattan? Le Olimpiadi del Business spostate da Davos a New York per omaggiare la città ferita l'undici settembre sono come al solito blindate. E allora? "Smuovi il tuo culo digitale" dice il comunicato dell'Electronic disturbance theater. Come? Scendendo in piazza a manifestare dopo aver scaricato il salvaschermo anti-Wef e lanciato il sit-in virtuale dal sito di R. Dominguez (www.thing.net/~rdom/ecd/fools.html). "Raggiungi i tuoi amici in strada, porta stoffa, spray, colori e trucchi, abbellisci le strade, ogni posto è buono per fare festa. Porta tamburi, chitarre e tutto ciò che suona e partecipa al carnevale di strada indetto da Reclaim The Street per il 2 di febbraio" (www.reclaimthestreets.net). Ma gli oppositori telematici al Wef hanno anche altre idee per mettere insieme tecnologia, contestazione e creatività. I plagiaristi canadesi di rtmark.com, dopo aver messo a disposizione sul proprio sito un software con cui clonare e cambiare i connotati dei siti dei cattivi di turno, fanno sapere che un anonimo ha donato 1700 dollari per finanziare il progetto "Pret-a-revolter", una linea di "moda di strada per la disobbedienza civile", costituito di un costume rinforzato su spalle, tronco e gambe, infarcito di minitelecamere e microtrasmettitori cellulari per registrare e diffondere ovunque la brutalità della polizia. Un altro anonimo ha donato 200 dollari per comprare le racchette da tennis. Per fare cosa? "Ma per rilanciare i fumogeni alla polizia, no? Un po' di sano sport per sciogliere la tensione ed evitare che qualche manifestante si faccia male", dice Frank Guerrero, portavoce di rtmak. O ancora la bici che scrive mentre pedali, rivisitazione ecologica della graffitiwriter dell'Istituto per l'autonomia applicata che già è costata una denuncia ai giovani ingegneri americani inventori della macchinina telecomandata che sguscia fra le gambe dei poliziotti e disegna slogan colorati dietro le linee del nemico. Inafferrabile. Gli stessi ingegneri porteranno in corteo il pamphleteer, un robot umanoide che distribuisce volantini. Motivazione funzionale? Togliere il "passante medio" dall'imbarazzo di prendere un volantino dalle mani di un giovane contestatore. Branca scientifica? Contestational Robotics. Sempre loro propongono Isee (io vedo) un software in grado di calcolare il tragitto più breve per andare da un punto all'altro della città eludendo le telecamere di sorveglianza, che sono 5000 nella sola Manhattan (www.appliedautonomy.com). Per chi invece vuole partecipare ai cortei da casa, può mettersi in ascolto di radio Indymedia (http://radio.indymedia.org). More? Newsgroups: alt.activism.

 


 
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