Dispense di
Prof. Tommaso
Tozzi
FONDAMENTI DI TEORIA E
TECNICA DELLA COMUNICAZIONE
INDICE
I
MEDIA
LA COMUNICAZIONE
RIFLESSIONI DAL MODELLO DI SAUSSURE
ESPRESSIONE E CONTENUTO
DENOTAZIONE E CONNOTAZIONE
SEMANTICA E SINTASSI
IL MODELLO DELLA COMUNICAZIONE SECONDO R. JAKOBSON:
- il contesto
- il mittente (o emittente) e il destinatario (o ricevente)
- il codice
SISTEMI DI SEGNI
LE FUNZIONI DELLA LINGUA
DAL MODELLO DEL CODICE A QUELLO INFERENZIALE E PRAGMATICO
Quando si parla di media si usa una
parola latina (medium) al plurale, in quanto si vuole indicare un SISTEMA DI
MEDIA, una galassia di mezzi di comunicazione tra loro interdipendenti.
Inoltre
ogni medium è un sistema con più componenti; la televisione o il cinema anche
semplicemente sotto il profilo tecnico sono il risultato della somma di media
differenti (ad esempio la pellicola cinematografica viene dalla macchina
fotografica, così come la televisione usa un sistema di altoparlanti ricevuto
dalla radio).
In senso meno tecnico con il termine media
non si intende semplicemente l'oggetto radio, tv, telefono, ...., ma anche la struttura
sociale, il profilo psicologico degli individui che ne fanno uso, le
relazioni che ogni media intrattiene con la struttura sociale,
economica, giuridica, scientifica,
linguistica, ecc.
I codici linguistici appartenenti a un
medium del passato si trasformano, evolvono e si traducono nel medium
successivo lasciandone però inalterate alcune caratteristiche fondamentali. Il
tipo di costruzione della pagina, l'impianto narrativo, gli schemi indicizzati
la suddivisione in genere, sono tutti elementi appartenenti alla scrittura che
si sono tramandate nei medium successivi (cinema, televisione, ....) fino ad
arrivare agli attuali ipertesti in cui ad esempio un pulsante a forma di
freccia è l'icona di una funzionalità equivalente allo sfogliare delle pagine
di un libro.
Le varie fasi di transizione da un
medium ad un altro non sono tra loro distinte, ma sono un processo di
accumulazione in cui i segni, segnali e i sistemi per comunicare si
sovrappongono, mutando ma mantenendo anche caratteristiche che arrivano fino ad
oggi nei media attuali. Quindi ogni media non sostituisce il precedente, ma vi
si combina.
Inoltre i media non sono isolabili dal contesto
in cui lo strumento mediale viene prodotto, usato e normato. Quando si usa
un medium, così come quando si progetta un prodotto che verrà utilizzato da un
determinato medium si deve essere in grado di concentrarsi non semplicemente
sugli aspetti tecnici relativi alla produzione di quel prodotto, ma su ciò che
la presenza di quel prodotto provocherà sui suoi utenti, sull'area sociale in
cui verrà usato e di come le caratteristiche sociali, culturali, ecc. di
quell'area a loro volta ne condizioneranno l'uso. Ad ogni epoca corrisponde un
mutamento nella vita sociale e con esso due trasformazioni: da una parte
l’impatto di una società differente sui suoi media (un uso diverso come
conseguenza delle mutate condizioni di controllo e proprietà dei media) ,
dall’altra una differente esposizione delle persone ai media (un diverso tipo
di influenza psicologica, culturale e sociale).
Sulla base di questi presupposti si
dovrà essere in grado di comprendere quale sia la natura del processo di
comunicazione tra le persone e verificare come la presenza dei media interviene
mutando secondo determinati caratteristiche tale natura.
L’ interdipendenza di tipo
tecnico e linguistico che si ha tra medium differenti ha dei particolari
risvolti anche di tipo commerciale.
Sempre di più un personaggio dello
spettacolo come ad esempio Madonna non si limita a operare in un solo ambito
ma, nel caso della cantante, oltre a fare dischi, fa anche film, libri,
concerti, magliette, gadget, ecc. ognuno dei quali per case editrici collegate
tra loro secondo legami di tipo finanziario e strategico. Ciò che viene fatto
attraverso un medium viene supportato simultaneamente da ciò che viene fatto su
altri medium appartenenti alla stessa proprietà o con legami strategici
particolari.
Ciò che succede è che il mercato si
trasforma in un mercato di content provider, ovvero di fornitori di
contenuti. Si sta passando da una logica per la quale un contenuto era
identificabile con un determinato media ad una logica in cui i contenuti
passano indifferenziatamente tra più media. La cantante Madonna diventa essa
stessa in tal senso un contenuto.
In base a ciò che si è detto fino ad
ora è dunque necessario sapersi confrontare contemporaneamente da una parte con
il medium su cui il prodotto verrà realizzato e quindi con tutte le specifiche
e le implicazioni tecniche, sociali, culturali e linguistiche ad esso inerenti,
d'altra con il contenuto e dunque con la sua potenziale capacità di transitare
su media differenti (ciò risulta particolarmente significativo quando il
contenuto è codificato in formato digitale).
In quest'ultimo caso il contenuto dovrà
poter essere utile per soddisfare i bisogni che non appartengono
semplicemente alla categoria di utenti che utilizzano un determinato medium ma
a tutta l'area sociale o alla comunità
che ne farà uso per mezzo di una interconnessione tra strumenti mediali.
I media, secondo una classificazione
precedente all’avvento del digitale possono essere divisi in mezzi di
comunicazione di massa e mezzi di comunicazione interpersonali, sulla base di
una differenza specifica alla possibilità di costruire messaggi personalizzati
rispetto al destinatario come avverrebbe nei rapporti di tipo interpersonale.
Di fatto l’avvento dei nuovi media
digitali ha reso questa definizione difficilmente applicabile in quanto con lo
stesso strumento si può operare entrambe le due diverse tipologie comunicative.
Una
ulteriore definizione per distinguere i mass media potrebbe dunque essere
quella che indica un medium in grado di comunicare ad un pubblico crescente ad
un costo proporzionalmente decrescente.
Il
progettare un prodotto multimediale è la realizzazione di uno strumento della
comunicazione. Uno strumento che funge da mediatore della comunicazione che si
vuole instaurare tra il mittente (o il committente) del messaggio (prodotto) e
il suo destinatario (l’utenza).
Un
primo passo per approfondire le proprie competenze progettuali sarà dunque
quello di definire cosa si intenda per comunicazione.
Le
possibili differenti interpretazioni di cosa sia la comunicazione potrebbero
infatti dar luogo a prodotti con caratteristiche diverse in relazione agli
obbiettivi comunicativi previsti.
Vediamo
in riguardo a ciò le sei definizioni del termine ‘comunicazione’ che L. Gallino
fornisce nel “Dizionario di Sociologia”
della Utet per come sono sintetizzate da B. Valli nel suo libro
“Comunicazione e media”, Carocci ed., 1999, pag. 13-16.
Prima definizione: si ha comunicazione ogniqualvolta una proprietà, una
risorsa, uno stato viene trasmesso da un soggetto ad un altro comprendendo
nella categoria dei soggetti anche quelli inanimati. L’esempio del radiatore
che comunica calore all’ambiente circostante (Morris) è significativo del grado
di genericità in cui ricade questo tipo di definizione.
Più
che per la realizzazione di un prodotto multimediale questa definizione
potrebbe forse essere utile per definire alcune caratteristiche della struttura
sociale all’interno della quale circolano tali prodotti. E’ una definizione che
in qualche modo implica un’attenzione alla struttura complessa di connessioni
tra i vari enti che partecipano alla realizzazione e diffusione di un prodotto
multimediale e potrebbe forse essere utile per definire molto genericamente la
condizione del fornire gli strumenti, le competenze, l’accesso alla
comunicazione e dunque all’uso degli strumenti multimediali. Una parte dunque
che deve essere prevista all’interno del prodotto multimediale, ma che forse
non è propriamente adatta a chiarire gli obbiettivi comunicativi di un prodotto
specifico.
Seconda definizione: è quella assimilabile allo schema stimolo risposta,
dove ogni comportamento d’un essere vivente che ne influenza un altro
rappresenta una forma di comunicazione.
La
pretesa che uno stimolo (messaggio) determinato possa produrre un effetto
(risposta o comportamento) determinabile nel destinatario è stato uno dei
principali luoghi delle critiche che le ricerche comportamentiste in campo
psicologico, così come quelle della bullett theory nel campo dei media, hanno
pesantemente ricevuto. La mente delle persone, così come la loro organizzazione
logico cognitiva, varia da soggetto a soggetto e ciò determinerà risposte
differenti; allo stesso modo il contesto, la cultura, le abitudini influiranno
fatalmente sulla possibilità di una comprensione reale del messaggio da parte
dell’utente di un prodotto multimediale.
Se
dunque non esiste una formula per cui un prodotto multimediale confezionato
secondo determinate regole produrrà determinati comportamenti, al contrario una
strategia mirata alla persuasione che si avvalga di un’analisi completa dei
vari fattori legati al processo comunicativo potrebbe (sic!) avere i suoi
risultati.
Sicuramente
l’obbiettivo di alcuni prodotti multimediali potrebbe essere esattamente quello
di influenzare anziché di comunicare, di influenzare più o meno
inconsapevolmente il modo di comportarsi delle persone (ad esempio indurle ad
un acquisto di un prodotto che potrebbe sembrare un comportamento utile per
soddisfare determinati bisogni), ma sebbene questo possa essere un possibile
obbiettivo, poco ha a che fare con quello che si vorrebbe intendere per
comunicazione.
Terza definizione: si riferisce allo scambio di valori sociali che si
effettua secondo regole prestabilite: infatti con riferimento esclusivo alle
società umane, si definisce comunicazione qualsiasi scambio di valori sociali
condotto secondo determinate regole.
Rifacendosi
agli studi di Lévi Strauss, tali valori sociali favorirebbero o a seconda dei
casi sarebbero la conseguenza dell’esistenza di una ben determinata struttura
sociale. La lingua sarebbe una dipendente della struttura.
La
multimedialità è una delle nuove forme di alfabetizzazione sociale e in tal
senso i prodotti multimediali risentiranno, più o meno volontariamente del
ruolo di essere portatori dei valori della società che ne fa uso. Il linguaggio
e la cultura di un popolo si riversa ed influenza il linguaggio e le modalità
d’uso degli strumenti multimediali che dunque, al di là dei contenuti, saranno
portatori di un valore aggiunto nei loro messaggi, ovvero i valori sociali. Al
contrario alcuni prodotti useranno i valori sociali esistenti per connotare i
segni, le metafore e la retorica usata nella realizzazione dell’interfaccia del
prodotto multimediale per renderne la comprensione indirizzata verso un senso
specifico e più facilmente intuibile.
Da
una parte obbiettivo, dall’altra metodo, anche questa caratteristica della
comunicazione dovrà essere tenuta di conto in modo particolare. In particolare
la progettazione di una determinata struttura del prodotto multimediale
influirà pesantemente su ciò che tale prodotto potrà o vorrà comunicare.
Quarta definizione: è costituita dal passaggio o trasferimento di
informazioni da un soggetto (la fonte, l’emittente) ad un altro (il ricevente,
il destinatario) per mezzo di veicoli di varia natura: ottici, acustici,
elettrici, idraulici ecc.
Anche
questa definizione trae spunto da una teoria, quella dell’informazione di
Shannon e Weaver, che ha avuto modo di essere pesantemente criticata soprattutto
in ambito semiotico. U. eco ha sottolineato come la comunicazione non si possa
ridurre ad un trasporto o a una circolazione di dati, ma implica la necessità
di un codice e di eventuali sottocodici che siano portatori di senso.
Dunque
per comunicazione non si può intendere il far arrivare un dato da una fonte ad
un destinatario ma al contrario va fatto arrivare un senso. Il senso non è
innato nelle parole, nei simboli, nei segni in generale; le discussioni in
riguardo hanno fatto discutere i filosofi fin dal tempo dell’antichità (un
esempio per tutti è la discussione sui nomi fatta da Platone nel suo Cratilo).
Al contrario il senso è il risultato dell’esistenza di un complesso sistema
di codici condivisi più o meno
parzialmente e in modo sfumato, di relazioni, di intenzioni, di pratiche d’uso
e di processi ricorsivi il cui non tenerne in debito conto ridurrebbe la
trasmissione di un semplice dato a una molto probabile alterazione e
deformazione del senso che con esso si voleva trasmettere. La comunicazione è
in ultima ipotesi sempre deformazione, ma è sulla base delle previsioni di tale
deformazione, così come degli accordi conseguenti tra emittente e ricevente che
si giungerà a condividere un senso.
L’analisi
del trasferimento di informazioni è dunque
ancora una volta un discorso sullo strumento più che sul prodotto veicolato
dallo strumento. Sebbene ciò sia comunque un ambito rilevante nella
progettazione di un prodotto multimediale, altre parti sono probabilmente più
significative rispetto agli aspetti comunicativi.
Quinta definizione: quando due o più soggetti giungono a condividere i
medesimi significati.
Creare
un prodotto in grado di far condividere un determinato senso attraverso l’uso
di segni progettati per essere uno strumento di traduzione tra modelli
cognitivi differenti è sicuramente una delle avventure più affascinanti in ogni
tipo di relazione umana. Che tali segni siano realizzati attraverso linguaggi
differenti (alfabetici, iconici, acustici, così come gestuali ecc.) sarà una
ricchezza e una qualità più che uno scoglio.
La
creazione di simboli, icone, di una mappa concettuale, l’uso di metafore, della
struttura, la progettazione dell’orientamento, della navigazione,
dell’usabilità, così come la creazione di gabbie grafiche e dunque lo sviluppo
di un layout e di stili determinati, saranno alcune delle parti fondamentali
tese all’obbiettivo di farsi portatori di un senso fornendo contemporaneamente
la possibilità della sua decodifica e quindi condivisione.
Sesta definizione: la formazione di un’unità sociale a partire da
individui singoli, mediante l’uso di un linguaggio o di segni o anche l’avere
in comune elementi di comportamento, o modi di vita, grazie all’esistenza di
insiemi di regole.
Questa
ultima definizione pone l’accento su un’ulteriore possibilità ed obbiettivo di
un prodotto multimediale: quello di essere uno strumento di coesione sociale,
un luogo dove si crea comunità, non semplicemente un luogo dove si partecipa
alla vita comunitaria.
Una
comunicazione completa si ha secondo quest’ultimo punto di vista non solo
quando esiste una forma di dialogo che sappia tener conto dei differenti
linguaggi usati da coloro che partecipano all’atto comunicativo, ma quando
esiste anche una possibilità di partecipazione collettiva nell’atto
comunicativo che diventi luogo della creazione di un linguaggio comune, frutto
dei continui interscambi, delle correzioni, degli errori, delle emozioni e
dunque degli accordi tra i vari partecipanti ad una comunicazione in tal senso
di tipo comunitario.
Ognuno
deve poter essere attore in prima persona e non semplice spettatore della
comunicazione.
Un’interfaccia
multimediale dovrebbe dunque poter essere un’entità mutevole, risultante dalla
partecipazione interattiva degli utenti.
Se
questo è molto difficile realizzarlo su un supporto tendenzialmente statico
come è il cd-rom, è altresì una qualità specifica delle attuali potenzialità
che le reti telematiche possono fornire.
L’uso
dunque di e-mail, mailing list, newsgroup, di aree dove poter inserire file e
non solo prelevarli, può dar luogo ad una circolarità comunicativa il cui
risultato sarà una direzionalità specifica dell’evoluzione dell’interfaccia di
un sito grazie al contributo e lo scambio cooperativo tra gli utenti e tra
questi e i progettisti dell’interfaccia.
RIFLESSIONI DAL MODELLO DI SAUSSURE
Secondo
Saussure in ogni atto di parole sono coinvolti tre processi:
-
un processo psichico un
concetto acustico associato a un’immagine acustica.
-
un processo fisiologico il
cervello trasmette agli organi della fonazione un impulso
correlativo all’immagine.
-
un processo fisico le
onde sonore si propagano dalla bocca del locatore all’orecchio
dell’ascoltatore.
Lo
stesso processo avviene in modo inverso nell’ascoltatore.
In
base a tale modello è stata definita comunicazione ogni processo
mediante il quale una certa fonte fa passare attraverso un canale
una certa quantità di informazione, finché non raggiunge il destinatario.
In
questo processo va tenuto conto che il messaggio trasmesso è portatore
di un senso.
Come
vedremo più avanti per Saussure il segno è l’unione indissolubile di un significante
e di un significato.
Dunque
la comunicazione non si limita a trasmettere una serie di dati fisici ma con
essi viene trasmesso un senso (per Saussure
significante e significato sono come i due lati dello stesso foglio; non
si può cambiare l’aspetto dell’uno senza cambiare l’aspetto dell’altro; se si
divide il foglio a metà si divide simultaneamente sia il lato del significante
che quello del significato).
I
telegrafisti all’inizio del XIX secolo ricevevano impulsi (equivalenti ad un
punto o una linea) che secondo il codice morse venivano trasformati in lettere
e dunque in frasi. Tali frasi potevano essere scritte in una lingua che il
telegrafista non comprendeva. Dunque egli riceveva una serie di dati che gli
venivano trasmessi senza che lui ne comprendesse il senso. Evidentemente tale
processo non poteva essere inteso secondo Saussure come un processo di
comunicazione.
Elaborando
un esempio analogo il filosofo Searle ha dimostrato che gli attuali computer
possono ‘comportarsi’ come esseri umani, ma non possono altresì ‘comprendere’
come gli uomini.
Searle
ha portato come riprova delle sue argomentazioni l’esempio di una persona che
chiusa in una stanza e senza saper parlare il cinese riceva delle domande
scritte in cinese attraverso uno spioncino. Tale persona usando un’enorme
tabella che ad ogni possibile domanda in cinese vi abbini una possibile
risposta in cinese sarebbe in grado di fornire della risposte all’esterno della
stanza pur senza aver compreso niente del senso delle domande e delle risposte.
In tal modo per le persone all’esterno della stanza che ricevono attraverso lo
spioncino le risposte alle loro domande, colui che sta dentro la stanza
potrebbe sembrare che comprenda il cinese. Analogamente secondo Searle i
computer potrebbero arrivare a comportarsi come se fossero intelligenti, ma di
fatto non lo sarebbero comunque.
Ciò
che diventa significativo nel processo della comunicazione è dunque
l’affrontare tutte le questioni inerenti ai vari codici impegnati
nell’atto comunicativo, così come
l’analisi dei modelli cognitivi del locutore e del destinatario,
del contesto all’interno del quale viene formulato il discorso, delle intenzioni
del locutore e di tanti altri fattori per cui la comunicazione non può essere
intesa come un processo teso a trasmettere un’informazione nel modo più
economico possibile, riducendo al minimo la ridondanza e i possibili disturbi
(o rumore) presenti nel canale di trasmissione.
Come
si è già detto ogni comunicazione è anche deformazione e tale deformazione è
alla base del processo di attribuzione del senso a un messaggio.
Colui
che vuole intraprendere la strada del progettare la comunicazione deve entrare
nell’ordine delle idee di costruire interfacce che per quanto possibile siano
in grado di prevedere i modelli mentali del proprio pubblico e dunque delle
relative deformazioni che le loro interpretazioni effettueranno sul messaggio
trasmesso. E questo significa saper interpretare lo spirito di un luogo, di una
cultura, di una lingua, di un momento storico ben preciso, dei bisogni e delle
attese ad esso relative e di tanti altri fattori che non possono esaurirsi in
un dato puramente tecnico e numerico.
La
progettazione di uno strumento della comunicazione deve dunque affrontare e
risolvere tutta una serie di questioni di tipo semantico, relative cioè
al processo di significazione dei segni.
Nell’ambito
delle ricerche di tipo semiotico sono state formulate dai tempi della filosofia
classica ad ora diverse teorie relative ai diversi possibili tipi di relazione
tra un oggetto, un segno e il modo in cui tale segno viene interpretato nella
mente.
Senza
inoltrarsi in un terreno talmente delicato si può semplicemente citare le
riflessioni di Kant per il quale noi non si conosce il mondo attraverso le
cose, ma attraverso le rappresentazioni mentali che delle cose noi ci facciamo.
Esiste
dunque una mediazione nel modo in cui conosciamo il mondo che sottrae agli
oggetti e alle cose un valore assoluto e di universalità.
Per
Peirce l’oggetto determina il segno e questo a sua volta determina
l’interpretante. Per le teorie culturologiche un’analisi sui media e dunque sui
segni usati dai media non può essere separata da un’analisi sulla società e
sulla storia e la cultura di tale società. Su come dunque a determinati segni
corrispondano determinati valori e implicazioni sociali.
La
nostra attenzione si sposta dunque su quello che per certi versi già gli
epicureisti definivano il simulacro di una cosa. Se per essi il
simulacro era una sorta di pulviscolo che si faceva portatore dell’immagine
dell’oggetto, per D. Norman il simulacro si trasforma in artefatto cognitivo,
ovvero in una metarappresentazione del modo in cui noi ci rappresentiamo le
cose nella mente. L’artefatto cognitivo funge da mediatore tra noi e le cose
che non sono rappresentate semplicemente sulla base dell’esperienza percettiva,
ma anche di come tale esperienza si organizza rispetto alle precedenti
esperienze culturali che di tali cose si è avuto.
In
tale processo diventa importante il modo in cui delle cose selezioniamo delle
qualità pertinenti, tralasciandone altre che pur gli appartengono. Diviene
dunque importante il punto di vista culturale che guida tale selezione. Tale
caratteristica sarà un nodo centrale della progettazione di un prodotto
multimediale.
Esistono
dunque più livelli di significato relativi ad un segno. Vediamo come Hjelmlsev
ha descritto tale problema.
Per
Hjelmlsev una semiotica è il rapporto in un segno tra il piano
dell’espressione (il cosiddetto piano dei significanti) e piano del
contenuto (il cosiddetto piano dei significati).
Hjelmlsev
ha parlato di semiotica connotativa per intendere una molteplicità
possibile di livelli di significato insiti in un segno.
Secondo
le sue teorie una semiotica connotativa è una semiotica il cui piano
espressivo è a sua volta una semiotica.
Vi
sarebbero dunque due livelli di significazione in un segno: la denotazione
e la connotazione.
Per
spiegare in modo semplice tale distinzione con un esempio si può analizzare
come segno la parola “ulivo”. In tale segno la denotazione consisterebbe
nell’oggetto ulivo cui la parola si riferisce. La connotazione sarebbe
invece quell’insieme di significati e valori aggiunti di cui il segno è
simultaneamente portatore in una determinata cultura. Nel caso della parola
“ulivo” il livello connotativo starebbe dunque ad indicare per la cultura
cattolica un significato di “pace”.
Nel
momento in cui si costruirà un’interfaccia multimediale dovremo dunque sempre
avere ben presente che l’uso di una parola, di un’icona, di un suono, di un
video, in definitiva di un segno non sarà quasi mai portatore di un solo
significato, ma di innumerevoli livelli connotativi relativi da una parte al
pubblico cui ci si rivolge e alla sua cultura, dall’altra alla relazione che
tale segno instaura con gli altri segni che partecipano alla composizione del
testo multimediale.
Non
esiste una formula unica per costruire il senso di un discorso. Tanto meno
dunque si può pensare che le semplici regole della sintassi siano sufficienti a
ricostruire il senso di un discorso. Che dunque la posizione di una parola in
una frase, così come di un’icona su uno sfondo, sia di per se sufficiente ad
attribuirgli un determinato senso anziché un altro. Sebbene il modo in cui un
segno si colloca all’interno di un testo sarà un elemento rilevante anche dal
punto di vista semantico e di cui dovremo saper tener conto attentamente nella
costruzione delle nostre interfacce, la restituzione di un determinato senso
sarà il frutto di un insieme di fattori ben più complesso.
Un
esempio in tal senso sono le due frasi:
Maria lanciò il sasso
contro il vetro e lo ruppe
e
Maria lanciò il bicchiere contro il muro e lo
ruppe
Sebbene
entrambe le frasi siano identiche dal punto di vista sintattico la loro parte
finale lo ruppe nonostante abbia la stessa posizione nella frase assume
a seconda del caso due significati ben diversi in base alla differente
relazione semantica tra le coppie di parole sasso e vetro, bicchiere
e muro.
E’
da notare infine come rispetto alla tradizionale Teoria della Gestalt con cui
si cercava di determinare il senso di cui un segno si faceva portatore rispetto
al modo in cui veniva percepito nello spazio di un testo alfaiconico, nei media
di questo secolo si sia aggiunta la variabile del movimento da analizzare.
Tale nuovo fattore costringe a ripensare il valore di un segno nella pagina o
nello schermo sulla base di una posizione che muta e con esso il valore dei
segni con cui entrava in relazione.
IL MODELLO DELLA COMUNICAZIONE SECONDO
R. JAKOBSON
Jakobson
scompone il processo della comunicazione in sei elementi principali:
Il
mittente, il codice, il messaggio, il contesto, il canale
e il destinatario.
Vediamo
di definire il modo in cui vengono usati tali termini.
Si
tratta della situazione nella quale di fatto si situa la comunicazione. E’
l’oggetto, l’argomento, il problema a cui ci si riferisce nel messaggio.
Ad esempio l’interfaccia ad icone che usa la metafora
della scrivania di un ufficio (inventata nei laboratori di Palo Alto in California
negli anni settanta ed usata in seguito nei primi modelli di computer Macintosh
della Apple) contestualizza l’utilizzo delle icone (il cestino, le cartelle, i
documenti, ecc.) secondo una funzionalità facilmente intuitiva rispetto a
quello che è l’abitudine all’uso degli oggetti così rappresentati in un
qualsiasi ufficio di lavoro.
Cambiando
il contesto il messaggio può assumere un diverso significato.
Così come l’icona di una matita in un contesto di una
storia splatter anziché essere un semplice strumento per disegnare può
diventare l’arma con cui l’assassino cava un occhio alla sua vittima, la frase
“quest’operazione non è facile” può avere significati diversi se il contesto è
un’aula in cui si insegna matematica oppure uno sportello di una banca.
Il
modo in cui contestualizzeremo i contenuti di un progetto multimediale, creerà
un forte punto di vista che guiderà l’utente verso un’utilizzo specifico del
prodotto che potrebbe essere sia un valido aiuto, così come un forte limite a
seconda di quelli che sono gli obbiettivi comunicativi. Da una parte potrebbe
fornire orientamento e coerenza laddove una molteplicità di
collegamenti ipertestuali potrebbe al contrario essere portatrice di un forte
spaesamento per l’utente. Dall’altra potrebbe rischiare di sviare l’attenzione
dell’utente da valori e livelli semantici differenti che tali contenuti
potrebbero assumere in contesti diversi.
Al
contrario, l’uso volutamente conflittuale di determinate icone in determinati
contesti palesemente inadatti potrebbe creare l’attenzione necessaria e le
conseguenti riflessioni del pubblico su determinate questioni.
Un esempio classico in tal senso
è stato il lavoro artistico di decontestualizzazione operato da M. Duchamp
esponendo il famoso orinatoio all’interno di una galleria d’arte. Tale
operazione portò l’attenzione del mondo dell’arte su una caratteristica del
sistema dell’arte: quella per cui qualsiasi oggetto esposto al suo interno
diventa automaticamente un oggetto d’arte e che dunque il valore di artisticità
di un’opera d’arte non risiede nell’oggetto, ma nel contesto che lo presenta.
Il decontestualizzare in questo caso creava dunque di per se un senso
specifico.
E’
ciò che il testo o l’insieme di testi comunicano.
Il mittente (o emittente) e il destinatario (o ricevente)
Colui
che produce o riceve il messaggio.
Nella
teoria di Jakobson la comunicazione è unidirezionale. Tale modello risente
fortemente dell’influsso della Teoria dell’Informazione e dunque da essa trae
caratteristiche talvolta limitanti.
Nel
lavoro di Greimas, così come di Eco (in “Opera aperta”, o in particolare
in “Lector in fabula”) ed altri, al contrario la comunicazione è vista
come un processo cooperativo in cui non si ha un unico soggetto o attore della
comunicazione, ma una molteplicità che attraverso un processo circolare
partecipa alla costruzione cooperativa del senso del discorso.
I
nuovi media ed in particolare le reti telematiche sono tecnologie in cui
l’utente potrebbe essere sia attore che spettatore della comunicazione. I testi sono testi aperti, e l’utente
stesso, le sue azioni, sono una parte determinante del contenuto del testo
stesso. Sono strumenti potenzialmente fortemente cooperativi, in cui la
distinzione tra mittente e destinatario rischia di diventare obsoleta o almeno
fortemente sfumata.
Se
qualsiasi testo mediale, sia esso realizzato tramite la scrittura o attraverso
un film, un romanzo, o in particolare la televisione deve possedere una
molteplicità di livelli semantici, deve cioè essere polisemico, e quindi
possedere la caratteristica di essere aperto ovvero offrirsi all’essere
completato attraverso il suo uso da parte del pubblico, la progettazione di un
prodotto della comunicazione on-line deve saper prevedere la realizzazione di
un testo il cui aspetto e i cui contenuti evolveranno di pari passo e grazie al
contributo degli utenti stessi.
E’
il mezzo attraverso il quale il messaggio passa dal mittente al destinatario.
Il canale può essere sia di tipo fisico che tecnico:
-
fisico l’aria per la
voce, ecc.
-
tecnico un cavo, ecc.
Ma
il fattore fisico è quasi sempre presente e crea problemi di rumore
(disturbo) dovuti alla sua stessa natura (ad esempio le interferenze nella
radio).
Di
fatto l’esistenza del rumore è una caratteristica da considerare non solo come
un disturbo, ma altresì come una qualità che caratterizza la costruzione di un
messaggio secondo un linguaggio specifico anziché un altro. Dunque è dagli accidenti
della comunicazione, dagli errori e non solo dalle differenze che talvolta un
linguaggio ha la possibilità di evolvere e trarne le caratteristiche più utili
per la cultura che ne fa uso.
I
principali tipi di canale sono:
-
canale fisico sonoro qualsiasi
ambiente in cui è presente l’aria portatrice di vibrazioni
acustiche.
-
canale fisico visivo presenza
della luce o dove può passare la luce (sala buia per
proiezione
cinematografica).
-
canale fisico olfattivo ambiente
che trasmette odori.
-
canale fisico tattile materia che trasmette vibrazioni o
sensazioni tattili (es. il rilievo
nella scrittura braille).
-
canale tecnico sonoro strumenti
che trasmettono suono (es. telefono, microfono, radio,
cinema,
ecc.).
-
canale tecnico visivo strumenti
come la fotografia, il cinema, ecc.
-
canale visivo-sonoro-
tattile e olfattivo tecnologie
di realtà virtuale.
Il
codice è il linguaggio, cioè il sistema di segni con cui il
mittente formula il messaggio che invia al destinatario.
E’
necessario che il mittente conosca il codice con cui codificare il messaggio e
che sia condiviso dal destinatario affinché possa decodificarlo.
Vi
sono situazioni che forzano l’uso di un codice anziché di un altro proprio per
la natura del mezzo usato o dell’ambiente (ad esempio una telefonata obbliga
all’uso del linguaggio verbale).
Come
si è già avuto modo di notare l’esistenza di media specifici può influenzare la
società e dunque gli individui che ne fanno parte trasformandone i
comportamenti e gli atteggiamenti.
Secondo
alcuni noi pensiamo così come noi parliamo. Se dunque un linguaggio determinato
ci abitua a esprimersi secondo modalità specifiche, la conseguenza sarà che la
nostra mente muterà di conseguenza. Per alcuni dunque le tecnologie dei media
sono anche tecnologie della mente.
Di
fatto è vero anche il viceversa. Di come cioè l’esistenza di linguaggi
codificati della comunicazione influenzi pesantemente il modo in cui si
sviluppano le nuove interfacce tecnologiche della comunicazione.
E’
importante comunque avere ben presente che la costruzione di determinati
strumenti della comunicazione e dei relativi linguaggi non sarà un semplice
strumento per gli individui, ma diventerà parte della loro vita, ne
condizionerà i loro modelli cognitivi, sarà un mutamento (per altri un’evoluzione)
nel loro modo di relazionarsi con il mondo.
Ogni
codice ha un suo sistema di segni.
Il
segno come abbiamo già visto in Saussure è l’insieme di significante
e significato.
Esistono
differenti tipi di sistemi di segni:
- linguaggio gestuale
- linguaggio iconico
- linguaggio simbolico
- linguaggio verbale
Peirce
divide similmente i segni in tre tipi fondamentali:
-
Indici La
relazione tra segno e cosa denotata è di tipo contiguo o in
connessione fisica con l’oggetto.
es. la banderuola in quanto indice
del vento. Il fumo, il dito, ecc.
Anche la fotografia viene fatta
rientrare da Peirce in questo tipo di segni in
quanto ci sarebbe una contiguità tra
la luce rifratta da un oggetto e il modo in
cui impressiona la pellicola
fotosensibile.
-
Icone C’è un rapporto di
analogia, somiglianza o metafora tra il segno e la cosa
denotata.
E’ importante notare
come la scelta dell’analogia usata e dunque delle qualità
pertinenti del segno sia di per se un forte punto di vista in
base al quale
andremo a caratterizzare
l’interpretazione di una funzionalità o di un contenuto.
es.
E’ tipico il linguaggio dell’immagine pittorica.
-
Simboli La relazione è arbitraria
e convenzionale.
Es. la
bandiera come simbolo della patria.
Le
parole sono un esempio in questo senso sebbene si abbiano delle
eccezioni
nelle onomatopeiche.
Rispetto
ai pittogrammi che attraverso l’analogia iconica facilitavano la
comprensione del livello denotativo
del segno, l’alfabeto ha la
caratteristica dell’economia, ovvero
della capacità di trattare concetti
astratti attraverso la combinazione
di soli 21 simboli.
LA LINGUA
L’insieme
dei vari linguaggi, delle loro possibilità combinatorie e di articolazione
costituiscono la lingua.
Ogni
lingua è un modo convenzionale con cui le popolazioni si rappresentano il
reale, lo comunicano e ne sono mezzo di conoscenza.
Per
Barthes “la Lingua è il linguaggio meno la Parola; è un’istituzione sociale e
in pari tempo un sistema di valori (…). Dal punto di vista della lingua, il
segno è come una moneta: questa moneta vale per un certo bene che essa permette
di acquistare, ma vale anche in rapporto ad altre monete, di valore maggiore o
minore” (R. Barthes, “Elementi di semiologia”).
Barthes
distingue dalla Lingua la Parola che “è essenzialmente un atto individuale di
selezione e di attualizzazione; in primo luogo essa è costituita dalle
‘combinazioni grazie alle quali il soggetto parlante può utilizzare il codice
della lingua per esprimere il suo pensiero personale’ (…) e poi dai ‘meccanismi
psicofisici che permettono al soggetto stesso di esteriorizzare queste
combinazioni’. (…) La Lingua dice anche V. Brondal –è un’entità puramente
astratta, una norma superiore agli individui, un insieme di tipi essenziali,
che la parola realizza in modo infinitamente variabile. (…) La lingua è ‘il
tesoro depositato della pratica della Parola nei soggetti che appartengono a
una medesima comunità’, e poiché è una somma collettiva di impronte
individuali, al livello di ogni individuo isolato essa non può essere che
incompleta: la lingua non esiste perfettamente se non nella ‘massa parlante’”
(R. Barthes, “Elementi di semiologia”).
Secondo
Jakobson la lingua ha determinate funzioni per raggiungere determinati scopi:
Funzione Attenzione sul Scopo
-
Referenziale contesto Riferire o informare circa
un determinato oggetto,
argomento o problema.
es. L’acqua è limpida, ha una
temperatura di
quindici gradi.
- Espressiva o
Emotiva mittente Esprimere pensieri, opinioni, sentimenti.
es.
Che bell’acqua trasparente, viene voglia di
berla.
- Poetica messaggio Esprimere in modo formalmente raffinato il
messaggio
es.
Chiari, fresche e dolci acque.
- Persuasiva destinatario Convincere, indurre, persuadere a fare, dire,
credere
qualcosa.
es.
Bevi quest’acqua! Sentirai com’è buona e
Fresca.
- Metalinguistica codice Parlare della lingua attraverso la lingua.
es.
Acqua è una parola che si scrive con il gruppo
Consonantico
‘cq’.
- Fatica canale Assicurarsi che il canale sia funzionale al
trasferimento del messaggio.
es.
Prova microfono: uno, due, tre…
Funzione fatica
In
particolare la funzione fatica della lingua svolge principalmente il
compito di garantirsi che esista una connessione tra emittente e destinatario.
Dunque
qualsiasi strategia pubblicitaria che porti l’attenzione del pubblico sul
messaggio rientra nell’area coperta dalla cosiddetta funzione fatica.
Allo
stesso modo qualsiasi comportamento che creando una relazione, o rafforzandola
attraverso comportamenti abitudinari ad essa relativi, convalidi la possibilità
di poter avere scambi tra i partecipanti alla relazione.
In
ultima analisi buona parte di quei comportamenti che pur esprimendo dei
contenuti specifici non sono minimamente interessati al comunicare tali
contenuti quanto all’attivare o rafforzare una determinata rete di rapporti (ad
esempio il ‘farsi notare’ dal datore di lavoro, l’intrattenervi colloqui può
non avere per forza la finalità di scambiarsi dei contenuti ma anche
semplicemente la necessità formale di mantenere attiva la relazione).
La
componente fatica è particolarmente presente in tutte le forme di comunicazione
costruite da una società non tanto per trasmettere determinati contenuti quanto
per garantire il rafforzamento di determinati valori sociali che fungano da
collante tra i cittadini.
Far
condividere la partecipazione a rituali e scambi di tipo simbolico è una
tradizionale forma di governo dalle civiltà basate sull’esistenza di miti ad
oggi.
Se
talvolta può sembrare che l’esistenza in una società di determinate figure
simboliche possa essere un modo per determinare conseguenti gerarchie nei
rapporti sociali, altre volte l’apparente opposizione e conflitto tra bene e
male, buono e cattivo, schiavo e padrone si risolve in un canovaccio in cui le
parti si scambiano, mentre ciò che rimane stabile è la struttura sociale ed è
su tale stabilità che traggano vantaggio determinate figure sociali anziché
altre, più che dal ruolo sociale che apparentemente svolgono.
DAL MODELLO DEL CODICE A QUELLO INFERENZIALE E
PRAGMATICO
La
grammatica da una spiegazione della rappresentazione semantica di un
enunciato, ma non delle intenzioni del locatore o della dimensione
spazio-temporale dell’enunciazione.
“La
rappresentazione semantica di una frase corrisponde, per così dire, al nucleo
di senso che è comune a tutte le enunciazioni della frase in questione. Ma
differenti enunciazioni di una stessa frase possono avere, e in generale hanno,
interpretazioni distinte. Lo studio della rappresentazione semantica delle
frasi è di competenza della grammatica; lo studio dell’interpretazione degli
enunciati dipende da ciò che oggi si chiama pragmatica (un termine abbastanza
infelice, proposto da C. Morris nel 1938, che definiva la sintassi come lo
studio delle relazioni formali tra segni, la semantica come lo studio della
relazione tra i segni e la loro denotazione e la pragmatica come lo studio
della relazione tra i segni e i loro utilizzatori o interpreti…)” (D. Sperber,
D. Wilson, La pertinenza, Anabasi, Milano, 1993 in B. Valli, Comunicazione
e media, Carocci, Roma, 1999).
Mentre
il classico modello del codice che è stato usato da Aristotele ai
moderni ha cercato di analizzare o costruire il discorso attraverso una
codifica e decodifica dei messaggi, nel modello inferenziale (P. Grice,
D. Lewis, ecc.) la comunicazione consiste nella produzione e interpretazione di
indizi.
es. La frase “Che giorno è?” oltre ad avere un primo
significato di domanda, può averne un altro del far notare che è passato molto
tempo, che forse si è in ritardo e che qualcosa andrebbe fatto.
Teorie
come quella di Austin degli atti linguistici mette l’accento su come il
‘dire qualcosa’ equivalga al ‘fare qualcosa’.
Austin da il nome di enunciazioni performative a quelle enunciazioni in cui il
dire di compiere un atto è il compierlo.
In
un senso per certi versi simile molte ricerche, così come alcune tendenze dei
movimenti di fine anni sessanta, hanno cercato di concentrarsi sulle pratiche
della comunicazione. Su come il senso venga costruito attraverso un uso
specifico del discorso.
In
tale periodo si rafforza l’esigenza di rifiutare di delegare a un autore
il compito di descrivere un determinato fatto del mondo. Al contrario nasce
l’esigenza di raccontare e rappresentare il mondo collettivamente.
Lo
sviluppo delle reti telematiche, così come viene portato avanti nelle comunità
libertarie dei programmatori, studenti ed attivisti in California negli anni
settanta segue e cerca di indirizzare lo sviluppo delle tecnologie in tal
senso.
Attualmente
la rete Internet si pone da una parte come possibilità di concretizzare un
progetto sociale epocale e dall’altra come ulteriore strumento di profitto.
La
progettazione di un prodotto multimediale potrà contribuire a rafforzare una
posizione anziché un’altra e questa è una di quelle caratteristiche su cui solo
la propria coscienza può dire l’ultima parola.